(Pesaro 170 a.C - 85 ca a.C.) tragediografo latino. Di origine servile, si legò ad ambienti aristocratici, ma fu avversato dal circolo degli Scipioni. Di lui restano 45 titoli di tragedie (fra cui Armorum iudicium, Clutemestra, Phoenissae), due di praetextae (Brutus, che celebra la fondazione della repubblica e il suo protettore D. Giunio Bruto, e Decius, sul sacrificio di Decio Mure nel 295 a.C.) e 700 versi ca. Il linguaggio, di tono magniloquente e ridondante, ricco di composti eruditi e di giochi allitterativi, ripropone, rielaborati, i modelli greci. Con Pacuvio, A. fissò le forme tipiche del teatro tragico latino fino a Seneca. Egli si interessò anche di filologia, grammatica e letteratura, come testimoniano le notizie giunteci su alcune opere minori: Didascalica (in prosa e in versi, su questioni di storia letteraria), Pragmatica (di tecnica teatrale), Annales (almeno 27 libri su storie e miti connessi alle festività), Sotadica (poesie erotiche).