(Padova 1500-88) scrittore italiano. Studiò alla scuola del filosofo aristotelico bolognese P. Pomponazzi e fu onorato per la sua dottrina da principi e papi, che lo vollero a Roma per lunghi periodi (1560-64 e 1573-78). Autore di orazioni, epistole e rime, è noto soprattutto per i suoi dialoghi, d’argomento morale (Dell’amore, Della cura familiare, Della dignità della donna) e letterario (Della rettorica, Dell’istoria ecc.). Fra tutti eccelle il Dialogo delle lingue (1542 ca) che, riprendendo le teorie di P. Bembo, riafferma la dignità del volgare rispetto al latino e sviluppa sottili distinzioni fra lingua e stile, con argomenti che troveranno eco nella Difesa e illustrazione della lingua francese (1549) di J. Du Bellay. Importanti sono anche i discorsi sull’Eneide, sulla Divina Commedia e sull’Orlando furioso, che rivelano un critico acuto e sensibile, abbastanza svincolato dai principi dogmatici della retorica. A questo suo orientamento è da collegare la struttura della tragedia Canace (1542), che suscitò vivaci polemiche per la trama incestuosa e per il carattere «terrificante» di alcune situazioni, più vicine a Seneca che ai modelli greci; S. rispose con una Apologia (1553), che rivendicava appunto il diritto a una libera e moderna interpretazione della «catarsi» aristotelica.