È il musicista italiano più aperto a sperimentazioni e contaminazioni, e fra i cantautori che hanno saputo reinventare meglio il linguaggio della canzone con testi ricercati, ricchi di prestiti e allusioni letterarie (Bukowski, Fante, Céline). Il suo primo album, All’una e trentacinque circa, pubblicato nel 1990, ha vinto la Targa Tenco come migliore opera prima. Un debutto felice, seguito nel corso degli anni da una serie di album (Modi’, del ’91; Camera a sud, del ’94; Il ballo di San Vito, ‘96; Liveinvolvo, ’98; Canzoni a manovella, 2000; L’indispensabile, 2003; Ovunque proteggi, 2006; Da solo, 2008; Solo Show Alive, 2009; Marinai, profeti e balene, 2011; Rebetiko Gymnastas, 2012; Ballate per uomini e bestie, 2019; Bestiario d'amore, 2020) che non hanno fatto altro che ampliare il suo seguito di pubblico e il suo credito presso gli addetti ai lavori. Cresciuto con un immaginario musicale venato di jazz e ispirato da artisti come Paolo Conte e Tom Waits, Capossela già dal terzo album si distacca da quella strada per imboccarne una propria, fatta di “coliche” di immaginazione, deragliamenti geografici, immagini che diventano – album dopo album - visioni sempre più potenti, in un parallelo viaggio a ritroso verso le proprie radici.
Le collaborazioni intrattenute da Capossela nel corso degli anni spiegano meglio di ogni cosa il suo percorso artistico; dai primi reading dedicati a John Fante in compagnia di Vincenzo Costantino “Cinaski” al tour effettuato con la Kocani Orkestar di Neat Veliov, la fanfara di ottoni macedone resa celebre dal film di Kusturica Il tempo dei gitani; dalla costante collaborazione con il chitarrista Marc Ribot a quella con l’Orchestra d’Archi Italiana diretta da Mario Brunello, dalle registrazioni dei Sonetti di Michelangelo con Philippe Eidel a quelle degli strumenti giocattolo suonati per lui da Pascal Comelade, dai Concerti per le Feste a quelli dedicati alle morne, ai tanghi e al rebetico di Parole d’altrove; tutto depone a favore di un’instancabile curiosità e della voglia continua di mettersi in gioco, seguendo coliche di immaginazione che prendono alla fine forma di canzoni, di album e non solo.
La radio, la scrittura, il cinema sono confluiti nel percorso artistico di Vinicio Capossela a più riprese: e se quello con il cinema può essere considerato, finora, un flirt giovanile (il film era Non chiamarmi Omar di Staino, l’anno il 1992), ben altro peso e importanza hanno avuto i suoi due primi lavori radiofonici, l’adattamento del Canto di Natale di Charles Dickens (2001) e il radioracconto originale I cerini di Santo Nicola – Racconto infiammabile per voci, suoni e canzoni (2002), entrambi realizzati e trasmessi da Radiodue in occasione delle feste natalizie. Così come un peso particolare riveste nella produzione artistica di Capossela il suo primo romanzo, Non si muore tutte le mattine, pubblicato da Feltrinelli nel 2004. I reading con cui Capossela lo ha presentato in diverse città d’Italia sono progressivamente diventati un vero e proprio spettacolo teatrale, intitolato “Voci, echi e visioni da Non si muore tutte le mattine”, mentre alcune pagine del libro hanno dato vita a un nuovo esperimento radiofonico, le “Radiocapitolazioni”, andate in onda su Radiotre nel novembre del 2004. Nel 2015 esce, sempre per Feltrinelli, il romanzo Il paese dei coppoloni, grazie al quale entra nella selezione dei dodici semifinalisti del Premio Strega. Altri lavori sono il racconto infiammabile I cerini di Santo Nicola (Inedizioni Etcetera, 2017) e il romanzo Eclissica (Feltrinelli, 2021).
Fonte immagine: Feltrinelli editore.