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Letto dopo essere stata incuriosita dalle citazioni spesso riportate sui social; cominciato con tanto entusiasmo, portare a termine la lettura è stata un’agonia. E’ un romanzo epistolare tra un uomo e una donna che non si conoscono, ma non ha nulla a che vedere con una storia d’amore: è la richiesta di Yair di mettersi a nudo, di raccontarsi, aprirsi, farsi scavare dentro come da un coltello… La prima parte raccoglie soltanto le lettere di Yair, lettere che mi sono sembrate elucubrazioni sterili, partorite dalla mente di un uomo in preda a qualche turba psichica: noioso, pesante, surreale, il personaggio di Yair non è riuscito a coinvolgermi, risultando addirittura fastidioso; a nulla sono valse le citazioni d’effetto sparse qua e là in un flusso di coscienza delirante. La seconda parte, raccontata dalla donna, risulta sicuramente più gradevole; Myriam è “concreta”, è reale, vera, autentica, i suoi pensieri sono ordinati, logici, comprensibili, fanno emozionare (complice una prosa dalla meravigliosa delicatezza). L’ho letto tutto sperando in un riscatto finale e restando nuovamente delusa. Non posso che imputare la colpa a me stessa: non amo le storie “non storie”, non sono in grado di comprendere e immedesimarmi in libri privi di trama, di luoghi, di personaggi che “vivono” e “agiscono”, privi di conclusione. In “Che tu sia per me il coltello” è tutto astratto, tutto irreale, non si capisce dove finisca l’immaginazione e dove cominci la realtà; un libro sulla forza e la sensualità delle parole, che purtroppo non sono riuscite a toccarmi nel profondo. Un libro che o si ama o si odia, e io purtroppo non ne ho apprezzato nulla, se non l’incantevole copertina di questa edizione limitata.
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