Questo bacio vada al mondo intero - Colum McCann - copertina
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Dati e Statistiche
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National Book Award - Narrativa - 2009
Premio Lattes Grinzane - Il Germoglio - 2011
Letteratura: Irlanda
Questo bacio vada al mondo intero
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20,00 €
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Descrizione


New York, agosto 1974. La città si ferma, come incantata, e guarda in alto: un funambolo sta attraversando il vuoto tra le Torri gemelle, in equilibrio su un cavo d'acciaio, a centodieci piani d'altezza. Intorno all'enigmatica figura di Philippe Petit, eroica e insieme così fragile, e alla sua passeggiata tra le nuvole, Colum McCann costruisce un romanzo fatto di storie e voci intrecciate, il ritratto autentico e coinvolgente di un'America in bilico fra sogno e tragedia. All'ombra di quelle torri, simbolo di potere e presagio della caduta che verrà, si incrociano le vite di Corrigan, folle di Dio che ha trovato il suo Terzo mondo nel Bronx; della prostituta Tillie, a trentotto anni già nonna, e non ancora sconfitta dalla vita; di Claire, chiusa nel suo lussuoso appartamento nell'Upper East Side a piangere il figlio morto in Vietnam; di Gloria, discendente di schiavi, che condivide lo stesso dolore. Con Questo bacio vada al mondo intero McCann dà forma a un'epopea corale di straordinaria universalità. Al centro di tutto, l'indifesa bellezza della vita, sospesa come un equilibrista sul filo.

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Informazioni:

QUESTO BACIO VADA AL MONDO INTERO di MCCANN COLUM

Dettagli

2010
456 p., Rilegato
9788817040747

Valutazioni e recensioni

  • FLAVIO PACCHIAROTTI

    Gran bel libro. La mole potrebbe incutere timore ma una volta intrapreso il viaggio è difficile staccarsi. Dispiace finirlo! Molto simile al film crash ...a chi è piaciuto il film non potrà non piacere anche questo libro. La vicenda del Funambolo (con la F maiuscola) impreziosisce il tutto. In alcuni momenti sembra di volare insieme a lui! Ottimo

  • CARLO TURCO

    Non so se i superlativi assoluti riportati su fronte e retro di copertina possano essere condivisi alla lettera, ma certamente questo romanzo di Colum McCann – autore irlandese trapiantato a New York – ha tutti i numeri per collocarsi tra le migliori opere della recente narrativa anglosassone. Il libro si articola in un prologo e quattro “libri”, i primi tre dei quali divisi in dieci capitoli. Il prologo e i due capitoli finali del primo e del secondo libro sono dedicati alla storia romanzata, ma basata su episodi e fatti reali, dell’impresa dell’equilibrista Philippe Petit che, il mattino del 7 agosto 1974, camminò e fece diverse evoluzioni su un cavo teso tra le cime delle Torri Gemelle del World Trade Center, ancora non del tutto terminate. Negli altri capitoli nascono, si dipanano e si intrecciano tra di loro, alcune più strettamente, altre appena sfiorandosi, le storie dei molteplici personaggi di invenzione - più complessa ed elaborata per alcuni, più sommaria per altri - che concorrono alla composizione del romanzo, rapportandosi variamente all’evento reale del funambolo. Il tempo in cui si colloca la gran parte del romanzo è l’inizio degli anni ’70, gli anni della guerra del Vietnam, di Nixon, di Kissinger; il libro conclusivo opera un salto temporale, collocandosi quasi ai giorni nostri, nel 2006, quando oramai le Torri sono state cancellate dallo skyline di Manhattan. I luoghi sono quelli del Bronx degradato, del Village, di Lower Manhattan, dei quartieri alti di Park Avenue. Altrettanto differenziata è la varietà dei personaggi: i due fratelli immigrati dall’Irlanda, uno dei quali affiliato ad un ordine monastico, prostitute che si tramandano il mestiere di madre in figlia, l’immigrata latino-americana, la nera Gloria proveniente dal Missouri e dalle battaglie per i diritti civili, esponenti pienamente integrati della borghesia medio-alta, come il giudice Soderberg e la moglie Claire, il pittore di graffiti, informatici alle prese con le prime fondamenta di quella che sarebbe poi divenuta la rete Internet. E’ in questa molteplicità che prende corpo la visione dell’epigrafe anteposta al romanzo (una citazione da “Il Progetto Lazarus”, dello scrittore bosniaco A. Hemon): “Tutte le vite che potremmo vivere, tutte le persone che non conosceremo mai, o che non saremo, sono ovunque. E’ questo il mondo.” Una particolarità anch’essa assai efficace nella caratterizzazione dei personaggi – e direi non solo di quelli principali – sta in una narrazione che riesce a sorprendere mettendone in evidenza aspetti, o cambiamenti, inattesi o, comunque, fuori degli schemi che pur potevano sembrare plausibili. A quasi tutti i personaggi di questo grande mondo può applicarsi appieno una riflessione espressa da Gloria: “La persona che conosciamo all’inizio… non è la stessa che conosciamo alla fine.” (p. 450) E anche per i personaggi più sgradevoli, almeno al primo impatto, o comunque più distanti da chi legge – per scelte di vita, temperamento, gusti, valori – ci si può sorprendere a provare comprensione ed empatia, proprio come capita al navigato e profondamente disincantato giudice Soderberg: “Eppure rimaneva sempre sorpreso dall’amore che quel genere di persone sapeva esprimere. Era uno dei pochi elementi che riuscivano ancora a commuoverlo in un’aula di tribunale: il vedere la vita nella sua più totale nudità, gli amanti che si abbracciavano dopo essersi picchiati a sangue, o i genitori felici di ritrovare un figlio mezzo delinquente, la sorpresa che destava il perdono ogni volta che si manifestava in aula. Era raro, ma accadeva, e come per tutto il resto, la rarità era necessaria.” (p. 351-352) Il pulsare e il vorticare di questo mondo si riflette efficacemente nella diversità delle voci narrative e dei punti di vista che l’autore mette in campo, spesso con variazioni repentine, quasi da equilibrista, come a riflettere, anche sotto il profilo formale, il funambolismo della traversata a mezz’aria tra le Torri. L’incipit è estremamente efficace nel creare un’atmosfera eterea, irreale, quasi magica, cui si contrappone l’ansia della folla sottostante, polarizzandosi in forme tra loro contrapposte, di angosciosa pulsione di rimozione e di morte o, al contrario, di appassionato sostegno e speranza nella riuscita dell’impresa impossibile. Contro tale atmosfera si staglia ancor più concreta ed evidente la corporeità sofferente e sofferta delle vite vissute dai personaggi: vite sempre in bilico tra le spinte verso la ricerca di gratificazioni, il nutrimento e il coronamento di aspirazioni talvolta indistinte, o che, talora, possono virare rapidamente in direzioni inattese, da un lato, la strettezza cogente della necessità o, più semplicemente e rudemente, del caso, da un altro lato e, ancora, i vincoli di un passato non superato, della faticosa elaborazione di perdite e lutti; vite in certo modo, cioè, da funamboli, che non di rado si manifesta in termini letterali nei modi in cui taluni dei personaggi si aggirano lungo le strade della metropoli. Quella della traversata aerea tra le Torri diventa così un motivo unificante della narrazione anche in senso metaforico e simbolico, oltre che sotto il profilo dell’interazione dell’evento di apertura, più o meno diretta e casuale, con le vicende dei diversi personaggi. Del resto l’Autore è assolutamente esplicito, in proposito, nella nota posta alla fine del volume. Nota in cui, richiamando il verso del poema di Tennyson da cui deriva il titolo originale – “Let the Great World Spin” – accenna ad altri passi del poema che potrebbero essere letti come presagi della sorte delle Torri Gemelle, e ricorda l’influenza, sulla genesi dei versi di Tennyson, delle “Mu’allaqat”, componimenti poetici arabi scritti nel VI secolo. Diventa perciò davvero arduo capire e giustificare la scelta dell’editore italiano nel dare il titolo al romanzo di McCann sostituendo al verso di Tennyson – che pure è lo stesso che dà il titolo al quarto capitolo del “Libro primo”, sebbene tradotto con qualche enfasi “Lascia che il mondo giri in vortici infiniti” – un verso tratto dall’”Inno alla gioia” di Schiller. Una scelta che, oltretutto, appare arbitraria persino sotto il profilo della lingua d’origine e del contesto storico-culturale delle rispettive poetiche. L’esperienza che ho tratto dalla lettura di questo romanzo di McCann è stata un’esperienza toccante di tipo particolare, diversa da quella che si prova quando ci si trova a identificarsi, almeno in parte, con l’eroe, o gli eroi, della storia: l’esperienza generata nel momento in cui siamo portati a vedere e sentire oltre l’anonimato della folla, a riconoscere l’individualità delle storie e delle vite che la compongono. Un’esperienza emotiva lontana sia da una generica empatia sentimentale, sia dalla rassegnazione fatalistica, ma che, al contrario, mobilita la voglia di impegnarsi e di capire. Come sembra ben esprimersi in una riflessione di Gloria, a proposito dell’amore: “C’è chi pensa che l’amore sia la fine della strada, e che se si è abbastanza fortunati da trovarlo, ci si ferma lì. Altri dicono che è come un burrone nel quale si precipita. Ma chiunque abbia vissuto almeno un po’ sa che muta con il passare dei giorni, e secondo l’energia che gli si dedica, lo si conserva o ci si aggrappa, oppure lo si perde, ma a volte capita che non sia mai stato lì, fin dall’inizio.” (p. 395)

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Colum McCann

1965, Dublino

Colum McCann è uno scrittore irlandese. Vive da tempo a New York dove insegna al MFA program (scrittura creativa) all'Hunter College. È stato vincitore del National Book Award con il romanzo Questo bacio vada al mondo intero (titolo originale Let the Great World Spin), pubblicato da Rizzoli nel 2010. Scrive per The New York Times, The Atlantic, GQ, The Times, The Irish Times e anche per La Repubblica. Nel 2003 l'Esquire Magazine l'ha nominato uno dei migliori scrittori viventi.Il suo romanzo Transatlantic (2013), è stato finalista al Man Booker Prize 2013.Tra i suoi titoli pubblicati da Feltrinelli, Apeirogon (2021), TransAtlantico (2021), Lascia che il mondo giri (2022), La sua danza (2022), I figli del buio (2023), Come ogni cosa in questo...

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