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Anno edizione: 1985
Anno edizione: 2019
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Negli anni in cui elaborava la sua opera capitale, Il mulino di Amleto, Giorgio de Santillana pubblicò alcuni saggi che miravano a introdurci a quella nuova visione, così sconcertante, di tutto il mondo arcaico. E innanzitutto si soffermò sull’idea posta all’origine di ogni altra nella imponente concezione del cosmo che ci appare già formata al nascere della scrittura: l’idea di fato. Questa necessità scandita nel tempo, che tocca tutte le figure «sul “teatro del mondo ammascherate”, come direbbe Campanella», ed è segnata dal moto degli astri, si lascia riconoscere nei più svariati documenti: «nel paesaggio coltivato, nelle immagini, nel mito, nella tradizione molte volte dispersa e frammentata ma in cui si ravvisano, come i pezzi di un puzzle, ingegnose costruzioni narrative che si erano venute diffondendo e che, ricomposte almeno in parte, si rivelano essere il primo linguaggio scientifico». Ma la perfetta «incastellatura di corrispondenze», per cui numeri e immagini si dispongono nei punti nodali di un cosmo dove «tutto è come deve essere, se è», lascia intravedere un dramma iniziale, «un grande conflitto dei primi tempi, in cui venne dissestata la fabbrica dell’universo». Capire il mito o la scienza arcaica, avvinti – come Santillana ci ha dimostrato – l’uno all’altra, è un riscoprire le tracce sia di quell’ordine sia di quel dissesto. Dai Caldei a Parmenide, a cui qui è dedicato un celebre saggio, è stato questo il fuoco centrale del pensiero. Nei saggi qui raccolti torniamo a percepirne la luce.
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Questa raccolta di saggi, tutti già precedentemente pubblicati, di Giorgio de Santillana, si presenta odiernamente come una valida introduzione ad un argomento ben più complesso, che l'autore tratterà ne "Il Mulino di Amleto", delineando però un discorso ed un argomento che hanno senso anche se presi da sé. Il volume non è sempre di facile lettura, il terzo e più lungo saggio ivi contenuto, "Prologo a Parmenide", richiede infatti più di una infarinatura sul pensiero filosofico greco. Il resto dell'opera si presenta invece alla portata di tutti e cerca di svelare un volto nuovo del pensiero arcaico, approfondendo la concezione del Tempo e del Fato per l'uomo antico. Interessante notare come il saggio che apre e da titolo all'opera "Fato Antico,Fato Moderno", non sia altro che la trascrizione di una celebre conferenza dell'autore, indicata da Italo Calvino come base teorica per le sue "Cosmicomiche". L'unica nota dolente si trova nell'edizione proposta da Adelphi, poiché pur basata sull'originale raccolta in lingua inglese (pubblicata dalla MIT Press) ne elimina gran parte del contenuto (compresa l'inedita introduzione dell'autore) rendendo mutilato un testo filosofico sicuramente di grande livello.
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