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Primi poemetti - Giovanni Pascoli - copertina
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Primi poemetti - Giovanni Pascoli - copertina

Descrizione


Nel giugno 1897, Pascoli licenziava il primo volume di Poemetti, destinato a crescere nel corso di successive rielaborazioni: questo nucleo fondante iniziava con il ciclo della Sementa, unico testo di ambientazione contadina, eterogeneo nei registri e nei materiali linguistici. Il passaggio del libro alla nuova forma dei Primi poemetti, pubblicati nel 1904 e poi nella edizione definitiva del 1907, approfondisce il problema linguistico trasformandolo in una celebrazione della lingua del sì, difesa da quella del dilagante yes: lingua povera di gente raminga, lingua che tuttavia, proprio nel suo registro più naturale, il dialetto, contiene la capacità di serrare legami nello spazio e nel tempo con terre d'oltre mare e tra diverse generazioni.
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Dettagli

2
2005
30 maggio 1997
LXXXIII-505 p., Rilegato
9788877469465

Valutazioni e recensioni

Renzo Montagnoli
Recensioni: 5/5

Il titolo della raccolta, Primi poemetti, potrebbe trarre in inganno, poiché non si tratta della prima opera scritta e pubblicata da Giovanni Pascoli (la prima è stata Myricae nel 1891), bensì della seconda, edita nel 1897 in una versione ridotta, comprendente solo venti liriche e intitolata semplicemente Poemetti, a cui seguirono altre tre edizioni ( del 1900 incrementata a 45 poesie, del 1904 che ha il titolo definitivo di Primi poemetti e del 1907 che non presenta variazioni rilevanti). Quest’opera è probabilmente quella che più tende al Decadentismo, considerati i temi della morte, della corruzione, della decadenza, e più in generale per una chiara e forte presa di posizione nei confronti dei limiti della civiltà moderna. Occorre tenere presente che al riguardo Pascoli ha idee non confuse e ha sempre mantenuto una visione della poesia come di un rifugio sicuro che protegge dal mondo circostante. Questa nuova raccolta, fra l’altro, a differenza di Myricae, che pure è stupenda, è meno frammentaria, è più organica nell’impostazione del messaggio che l’autore intende portare avanti. Del resto nella sua prefazione originaria Pascoli espone il fine dell’opera, riaffermando l’importanza della Natura. La contrapposizione di una vita più a misura d’uomo, semplice e non avulsa dalle sue innate e radicate predisposizioni, senza con ciò invocare una mitica Arcadia, ha il significato di dare una misura alle cose e alle azioni affinché rientrino sempre in un circolo virtuoso di cui l’uomo è parte come artefice e come beneficiario. Un altro tema affrontato è quello del mistero, già presente in Myricae, ma che qui è caratterizzato da maggior approfondimento e da un’esposizione senz’altro più comprensibile. E infine Pascoli delinea un’ulteriore tema che è quello della solidarietà fra tutti gli uomini e lo fa metaforicamente, ma in modo che risulti più facilmente intellegibile, con i versi dei rondoni che soccorrono le rondinelle portando loro da mangiare. Strutturalmente l’opera, dedicata alla sorella Maria, è suddivisa in cinque sezioni. La prima, La sementa, narra la storia di una famiglia contadina. Contiene poesie delicate, quasi idilliache e chiara si respira l’atmosfera agreste, con una vita semplice ma non infelice (Da Il desinare: Ubbidì Rosa al subito comando / Sotto il paiolo aggiunse legna, il sale / gettò nell’acqua che fremé ronzando. /…). La seconda, Il bordone – L’aquilone – raccoglie alcuni componimenti autobiografici, come L’aquilone ( C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, / anzi d’antico: io vivo altrove, e sento / che sono intorno nate le viole. /…). La terza, L’accestire, ripropone la vita semplice e umile e altri argomenti scaturiti dal mistero, come Grano e vino (Oh! Il campetto con siepe e con fossetto! / Nel verno io voglio, ch’io non son cicala, / il mio grano con me sotto il mio tetto. /…). La quarta, I due fanciulli – I due orfani, è ispirata dal senso imponderabile e oscuro del mistero, come in Nella nebbia (E guardai nella valle: era sparito / tutto! sommerso! Era un gran mare piano, / grigio, senz’onde, senza lidi, unito. / …). La quinta e ultima, Italy-Sacro all’Italia raminga, è dedicata agli Italiani costretti a emigrare e in particolare narra la vicenda di una famiglia che ritorna dall’America sperando che il nostro clima sia di giovamento alla loro bimba malata. E’ semplicemente sublime, come è possibile constatare da questi versi: La bimba allora chiuse un poco gli occhi: / “Die! Die!” La nonna sussurrò: “Dormire?”/ “No! No!” La bimba chiuse anche più gli occhi, / s’abbandonò per più che non dormire, piegò le mani sopra il petto: “Die! / Die! Die! “ La nonna balbettò: “Morire!” / “Oh yes! Molly morire in Italy!”. Primi poemetti, meno conosciuto di Myricae e di I Canti di Castelvecchio, è una raccolta di notevole valore, che merita di essere letta e che aiuta a comprendere quanto grande sia Giovanni Pascoli.

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Giovanni Pascoli

1855, San Mauro di Romagna

Giovanni Pascoli, autore emblematico della letteratura ottocentesca italiana è considerato, insieme a Gabriele D’Annunzio, uno dei maggiori poeti decadenti italiani.Padre della poetica del fanciullino, ha elaborato un sentimento poetico di concezione intimistica legato al quotidiano, e nelle sue poesie cerca di recuperare una dimensione infantile e quasi primitiva della vita.Giovanni Placido Agostino Pascoli nasce il giorno di San Silvestro; è il quarto di dieci figli. All'età di dodici anni perde il padre, ucciso da una fucilata sparata da ignoti, mentre era di ritorno a casa sul suo calesse. Da quel momento la famiglia perde quella condizione di benessere economico di cui godeva e inizia a sgretolarsi a causa delle numerose morti: prima la madre, poi alcuni fratelli.Nel...

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