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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2013
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I macellatori di cui scrive in versi Ivano Ferrari (Mantova 1948) profanano spietatamente la sacralità della vita, animale e umana, all’interno di un mattatoio, “la grande sala dove si esibisce la morte”, in cui lo stesso autore ha prestato un umiliante servizio negli anni ’80. Meno di cento brevi poesie compongono il libro, esponendo agli occhi del lettore un universo degradato di sofferenza, sopraffazione, crudele indifferenza, in cui lo squartamento della carne si mescola a sangue, letame, sperma, bava di mucche, tori, vitelli, cavalli, maiali; nel liquame scorrazzano topi, annegano vermi e larve, ronzano mosche. I gesti automatici e impietosi degli addetti alla macellazione (facchini e veterinari, operai e ufficiali sanitari), e dello stesso poeta che si ritrae con perfida sincerità in azioni addirittura brutali e oscene, assumono l’intollerabile e talvolta grottesca concretezza di un imperdonabile massacro: “Sventrate intere famiglie / oggi / lunedì di intensa macellazione. / Una vacca ha partorito un vitello / negli occhi la paura di nascere / il foro in mezzo il nostro contributo / a tranquillizzarlo”, “Lo stanzino in fondo allo spogliatoio / è detto delle seghe / affisse a tre pareti foto di donne / dalla vagina glabra / nell’altra il manifesto di una vacca / che svela con differenti colori / i suoi tagli prelibati”. Infine, straordinario beccaio-carnefice è quello che Sándor Márai (Košice 1900). Qui Otto, il protagonista di questo racconto che segnò l'esordio letterario di Márai, è un formidabile,
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