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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2014
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Se non mi avessero detto che si trattava di un epistolario privato, avrei convenuto che si trattasse di un romanzo epistolare; invece scopro trattarsi d'una mera perla spontanea, redatta senza alcuna pretesa futura di pubblicazione, fatto che lo rende ulteriormente gradito. Sconfortato dalla malattia e dagli scarni successi delle sue prime opere, J. Keats non smarrisce comunque mai la passione per la poesia, che è una virtù costante in chi ama il suo operato; non si rassegna nemmeno a portare avanti la sua idea di poesia, antesignana dell'estetismo, la cui definizione appare sinceramente trascritta non in un'opera rivolta al pubblico, bensì ai suoi amici attraverso un folto epistolario, al fine di collimare la sua visione artistica con la vita quotidiana, espressa nelle vicissitudini narrate e con le persone a lui più fedeli. Un'opera dunque che congiunge gli scorci più intimi e biografici del poeta con la spontanea rappresentazione del suo ideale di poesia, il quale dovrà attendere la sua morte per essere elogiato e consegnato alla storia della letteratura. Consigliatissimo non è solo la lettura in sé dell'opera, ma anche questa specifica edizione, molto leggera e scorrevole, improntata ad un'assorbimento il più possibile prossimo a quello dell'originale, cercando, seppur idealmente, di conservare anche le disattenzioni e incrinature del testo originale. Semplicemente stupendo.
“A thing of beauty is a joy forever", il primo verso dell'Endimione di Keats si applica perfettamente a questo epistolario (la cui importanza e valore letterario è spiegata ed analizzata molto bene da Nadia Fusini, che ha curato questa raccolta, ed Antonio Prete, rispettivamente nel breve saggio introduttivo e nella nota finale); le lettere scelte coprono gli anni dal 1817 al 1820 e sono indirizzate agli amici, ai fratelli ed alla amata Fanny Brawne. Quello che traspare è quanto totalizzante per Keats fosse la Poesia, per cui ha rinunciato ad intraprendere studi medici che - chiaramente - sarebbero stati quantomeno più redditizi. Ci sono gli stenti di chi cerca di farsi una vita senza tradire la sua passione, di chi fin da piccolo ha dovuto affrontare avversità, confrontarsi con la malattia e la perdita dei propri cari. C'è una parte intima e personale, fatta di angosce ed entusiasmi, di conflittualità verso il Pubblico e verso altri intellettuali dell'epoca, di ammirazione verso i Grandi del Passato (soprattutto Shakespeare* che erge a suo nume tutelare), di sete di grandezza, della brama di lasciare il proprio segno nel mondo facendo l'unica cosa che sappia fare e gli dia vita: la Poesia. E, ovviamente, c'è l'Amore, anche quello - ovviamente - tormentato per Fanny; amore che sempre più si alternerà alla Morte via via che la malattia si farà sempre più invalidante. Leggendo queste lettere mi sono ricordata perché la me stessa sedicenne si fosse innamorata di questo giovane poeta morto troppo presto ed 'il cui nome è scritto sull'acqua' molti anni prima di vederlo rappresentato sul grande schermo da quell'essere adorabile di Ben Whishaw
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