Indice
Le prime frasi del romanzo
Costantinopoli, giugno 337 d.C.
Martino Martiniano estrasse la spada dall’addome dello schiavo che si era parato davanti al suo obiettivo, guardò il sangue e i filamenti di intestino che ricoprivano la lama e si rese conto solo in quel momento che era la prima volta.
La prima volta che uccideva un essere umano.
Il suo bersaglio, il prefetto del pretorio Ablabio, fissò terrorizzato l’uomo che, col suo gesto disperato, aveva prolungato solo di qualche istante la sua miserabile vita. Martino sentì intorno a sé i suoi commilitoni ridere. Ridevano delle sue esitazioni o della paura dell’alto dignitario che erano venuti a uccidere?
Un soldato avanzò verso il prefetto puntandogli la spada contro, ma un camerata lo bloccò, dicendogli: «Aspetta. Lasciamolo fare al ragazzino». Poi fece segno a Martino di procedere.
Il giovane sentiva di aver già perso la baldanza che lo aveva spinto a sferrare quasi senza esitare il colpo fatale allo schiavo. Incrociò gli occhi del prefetto e vi vide Cristo. Perché Cristo era in tutti gli uomini, e specialmente in quelli che credevano in Lui. E il prefetto ci credeva, altrimenti il grande Costantino non lo avrebbe collocato al vertice della burocrazia imperiale. Dovette ricordare a se stesso perché era lì e cosa aveva fatto quell’uomo. Doveva recuperare lo spirito di vendetta che lo aveva spinto fino al palazzo del pretorio insieme ai soldati della sua unità. Quella volontà dei militari di farsi giustizia da sé, che li aveva pervasi da quando avevano ricevuto la terribile notizia.
Fece appello a tutti i sentimenti oscuri che, da buon cristiano, aveva tenuto sotto controllo nel corso della sua breve vita, grazie soprattutto ai preziosi insegnamenti della madre, e attese che armassero di nuovo la sua mano. Finalmente strinse l’impugnatura della spada, levò il braccio e avanzò di qualche passo verso la sua vittima, che arretrò fino alla parete. Martino trasse forza dalla vigliaccheria di Ablabio, capace di compiere un misfatto atroce ma non di affrontare con dignità la punizione per le sue colpe, e sferrò il colpo con decisione. La punta della sua lama raggiunse il collo del prefetto, che si aprì in uno squarcio orizzontale da parte a parte, come la bocca di un animale rabbioso che si spalancava.