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L'ultimo rifugio. Romanzo di un diario - Imre Kertész - copertina
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L'ultimo rifugio. Romanzo di un diario
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L'ultimo rifugio. Romanzo di un diario - Imre Kertész - copertina
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Descrizione



«Ho avuto sempre una vita segreta, ed è sempre stata quella vera.»

"L'ultimo rifugio" è lo sguardo che un grande testimone del XX secolo rivolge alla propria vita, legata a doppio filo alle svolte drammatiche della storia. Insieme diario intimo e racconto, questo libro guarda agli anni della fuga dall'Ungheria come a un esilio volontario da un paese che, dopo il crollo del socialismo, manifestava preoccupanti tendenze totalitarie. Trasferitosi a Berlino, Kertész riassapora la ritrovata libertà nella scrittura e nella vita quotidiana, ma il pensiero alla vecchiaia fisica e creativa che si avvicina è inevitabile e doloroso. Tenendo sempre all'orizzonte l'atto della scrittura, giustificazione della sua stessa esistenza, Kertész intreccia una critica tagliente dei tempi moderni e lucide riflessioni sulla storia e sull'arte alla cronaca disarmante del suo declino, che si fa testimonianza della lotta per la dignità di ogni essere umano anche nelle circostanze più estreme
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Dettagli

2016
3 novembre 2016
279 p., Brossura
A végső kocsma
9788845281204

Valutazioni e recensioni

Antonio  Piccinni
Recensioni: 4/5

bisogna avvertire che non si tratta di un libro di facile lettura. Sorge, come prima cosa, la questione della collocazione nella sfera del genere letterario: è un saggio? Un diario? Un romanzo? Cosa si vuole intendere con quel sottotitolo tanto evocativo quanto ambiguo, paradossale, enigmatico? Che cos’è il romanzo di un diario? La struttura è quella di una serie di frammenti più o meno databili nel tempo, riuniti in tre macrosezioni, di fatto appunti, pensieri, ricordi, tentativi di un romanzo (L’ultimo rifugio) che svelano la genesi e la teoria alla base delle opere compiute (ricordiamo tra le altre Kaddish per un bambino mai nato; Liquidazione, Fiasco, Essere senza destino), così come gli indizi per un romanzo a venire (L’ultimo rifugio, un tentativo), sempre e sorprendentemente in equilibrio precario tra l’urgenza di scrivere e l’implacabile interrogazione sul senso della scrittura: «Il romanzo è viziato e fragile». È all’interno di queste notazioni che si compie il romanzo di un diario, epifania, narrazione, cronaca e osservazione, pratica e teorica, del mestiere dello scrittore. Il consiglio, dunque, è quello di considerare la lettura di quest’opera come appendice agli altri testi di Kertész come materia che si offre, nella sua estrema trasparenza, alla riflessione, ponderazione, confronto, persino critica.

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Imre Kertész

1929, Budapest

Romanziere e saggista ungherese, nel 2002 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura. Di origini ebraiche, nel 1944 subì la deportazione ad Auschwitz e Buchenwald, da cui fu liberato dopo un anno. Per la manifesta avversione al regime comunista, fu licenziato dal quotidiano per il quale lavorava; per sopravvivere si dedicò alla traduzione (Freud, Nietzsche, Canetti, Wittgenstein), iniziando contemporaneamente la stesura del romanzo che lo impegnerà per circa dieci anni: Essere senza destino, in cui narra l’esperienza di un quindicenne deportato ad Auschwitz che, in un’ottica di aberrante alienazione dettata dallo spirito di sopravvivenza, riesce ad adattarsi agli orrori del campo. L’opera, rifiutata per anni dagli editori e pubblicata...

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