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Il volume contribuisce a decifrare e comprendere il complesso rapporto tra Giacomo Leopardi e il Cristianesimo, prendendo in esame la parabola della sua vita e della sua opera e mettendo in risalto dimensioni fondamentali della scrittura leopardiana finora poco considerate.
Educato nell’ufficialità cattolica dell’ambiente recanatese, il figlio del conte Monaldo era stato iniziato alla rigida ortodossia della Ratio gesuitica, così che il Cristianesimo, declinato nella figura dell’apologetica post-tridentina, costituisce l’orizzonte ideologico in cui si inscrivono le sue prime prove poetiche, le compilazioni filosofiche e le ricerche erudite giovanili. Quando la filosofia nichilista comincia poi a delinearsi, la ricezione creativa del sensismo materialistico si accompagna alla critica radicale del Cristianesimo. Da un lato la «conversione filosofica» mette in discussione la metafisica platonico-cristiana e le certezze etiche e politiche fondate su di essa, dall’altro, la memoria biblica continua a riaffiorare nella scrittura leopardiana. Il Cristianesimo, anche nell’orizzonte del Nulla, rappresenta un’eredità culturale in grado di offrire un immaginario e un patrimonio sapienziale da risemantizzare all’interno di un sapere che esclude ogni trascendenza. L’antiteodicea e la cosmologia negativa delle opere maggiori e l’immagine di una città terrena abbandonata al disordine del negativo si traducono così in un atto di accusa e di derisione parodica degli Assoluti che da secoli garantiscono la stabilità dell’Occidente cristiano e che le moderne ideologie progressive reinterpretano in una prospettiva secolare.
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