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Anno edizione: 2018
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Per leggere “Undici Pianeti” di Mahmud Darwish è necessario seguire alcune regole di base: 1 - Si parte dalla postfazione meravigliosa di Silvia Moresi. 2 - Si continua leggendo la prefazione di Jolanda Guardi. 3 - Si prende in mano una matita (o una penna per chi incide i libri di parole indelebili) e si iniziano a leggere le poesie di Darwish. Quello che potrebbe succedervi è che da quello che leggete, senza preavviso, possa nascere una cosa così: Separeremo i nostri giorni dagli alberi, l’odore del caffè canterà la nostra partenza. Questa terra non è il mio cielo, ma questa sera mi appartiene, come l’acqua nello specchio. Abbracciami e nascerò una seconda volta. Chi seminerà in noi le parole dell’erranza? Camminavo verso il me stesso racchiuso negli altri Ed eccomi qua. Smarrisco me stesso e anche gli altri. Tu.Tu sei la mia memoria. Ma il mio cuore è pesante, Lascialo qui, vicino alla tua casa. Dell’amore, voglio solo l’inizio. I nostri nomi, alberi di parole divine. Abbiamo camminato scalzi per sfiorare L’anima delle pietre. Noi, che guarderemo la terra attraverso le sue pietre. E così il mio tempo, mi separa dal mio luogo. Io, lontano dalle mie parole. Invano cerco la mia assenza. Un poeta, è necessario. Io sono io, tu sei tu? …. E le parole potrebbero non finire mai, ma finiscono qui. Undici Pianeti è un libro da sentire tra le mani, da mettere in borsa e leggere sempre. Perché l’amore e l’esilio vivono dentro ad ognuno di noi e l’invito della traduttrice è che il lettore possa trovare una possibilità, nella poesia. Possa trovare le parole della rivoluzione personale, la poesia è un luogo, l’oblio non è un’opzione. Grazie per quest’opera di rara dolcezza, per queste pagine di incontri, di tempo come movimento circolare, di mondi che sovrastano mondi dove la morte non lascia in pace i vivi e vive nel ricordo di chi si prepara per arrivare. Potresti essere anche tu.
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