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Anno edizione: 2016
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Veneto Banca: 90.000 azionisti; Banca Popolare di Vicenza: 119.000 azionisti. E poi centinaia di migliaia di conti correnti per le due “banche del territorio”, del nostro territorio. Nel 2013 comincia ad emergere la crisi, seria, pesante, di Veneto Banca. Due anni dopo, emerge anche la situazione disastrosa della Popolare di Vicenza. Maurizio Crema, giornalista del Gazzettino, nel suo libro segue passo dopo passo questi ultimi tre anni, in cui sembrano andare in crisi non soltanto due istituti di credito con una storia più che centenaria, ma addirittura un modello di gestione del credito, e quindi degli investimenti, con le inevitabili ricadute “politiche” che ciò può comportare. In altre parole, prima ancora che una crisi finanziaria, la situazione che oggi noi conosciamo sembra presentarsi come una crisi del potere. La prima cassa di risparmio italiana fu fondata a Venezia nel 1821, tanto per dire. Come la prima banca di credito cooperativo fu aperta nel Padovano, a Loreggia, nel 1883. Il Veneto, terra povera ma ricca di cooperazione e solidarietà, allora cercava di attrezzarsi per aiutare contadini e artigiani. Operazione riuscita: oggi il Nordest è ricco e satollo. E anche un po’ depresso e impaurito, la batosta di questi ultimi anni ha lasciato ferite profonde nelle tasche e nelle teste della gente. C’è un senso di tradimento e di paura che pervade molti. La ribellione si è fatta sorda, individuale. C’è il diffuso timore di perdere tutto, che il benessere conquistato dopo la seconda guerra mondiale scivoli via come sabbia tra le mani. Ma anche l’insofferenza e la rabbia per un potere sempre lontano, diverso, ottuso, tutto centrato su Roma, o Bruxelles, o Francoforte. (p. 31) Banche rotte, pagina dopo pagina, conquista l’attenzione del lettore: qualcuno ne ha paragonato lo stile a quello di un romanzo giallo. Ma – oltre al fatto, naturalmente, che questa è inchiesta sulla realtà e non racconto di finzione – c’è una differenza profonda tra ciò che viene descritto in queste pagine e la gran parte dei romanzi gialli, soprattutto di quelli di qualità non eccellente. In quest’ultimo caso, infatti, presto o tardi, con colpi di scena o con prevedibile banalità, si scopre chi è il colpevole, chi è stato il “cattivo”. Nella vicenda delle due popolari, invece, i ruoli si confondono. Emerge con chiarezza la vittima, certo: è stata uccisa la fiducia, la fiducia della gente semplice o degli imprenditori navigati, dei rampanti che intendevano arricchirsi ma anche dei risparmiatori che – fino a prova contraria – con il risparmio mettono in atto una pratica “incoraggiata e tutelata” dalla Costituzione italiana. Quello che ci hanno rubato è la fiducia. (p. 18) Ma chi sono, appunto, i colpevoli e i mandanti? Dal libro di Maurizio Crema si capisce fin dalle prime pagine come dirigenti come Flavio Trinca, Vincenzo Consoli o Gianni Zonin, abbiano assunto condotte per lo meno riprovevoli. Con le parole di Renzo Rosso (che da questa crisi è riuscito a mettersi al riparo), siamo in Italia, soprattutto a livello locale ci sono clientelismo e giochi di potere. Mi sorprende invece che chi ha gestito, che ha una grande responsabilità su come sono andate le cose, non viene perseguito, anzi viene liquidato con compensi milionari. (p. 29) O ancora, come si pronuncia l’ex ministro Vincenzo Visco: È emersa in modo evidente una gestione del credito … collusiva, clientelare e inefficiente, espressione di un localismo deteriore e degli interessi di gruppi ristretti. (p. 19) Ma coloro che avevano e hanno il compito di vigilare e indirizzare, Consob, Banca d’Italia, BCE, hanno davvero assolto con trasparenza e puntualità questo compito? E lo hanno assolto con quale interesse prioritario? Quello di salvare il credito e il risparmio di un territorio? Quello di favorire piuttosto gli interessi di grandi banche italiane, o magari anche straniere? Ma, su questo punto, l’autore saggiamente preferisce chiosare: «Forse mi sbaglio a farmi e farvi troppe domande».
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