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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2024
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Un collage unico di romanzo, memoir, saggio, lettera, poesia e sogno. Un linguaggio in cui perdersi e, infine, ritrovarsi.
«Qui le parole valgono migliaia di immagini.» – Philip Roth
«Una rassegna di ricordi fugaci, uniti dall’intelligenza e dalla bellezza della prosa.» – Sally Rooney
«Incanta per la precisione e l’energia della voce narrativa.» – Susan Sontag
Ubriachi, attori, giocatori d’azzardo, «amore e alcol e tutti i vestiti sul pavimento». La musica di Billie Holiday nei night club, gli incontri erotici e le feste, le delusioni, le amicizie e «le persone che ho sepolto». Da un alberghetto bohémien di Manhattan, una giovane donna scappata dalla casa d’infanzia nel Kentucky osserva New York e il mondo, iniziando a diventare sé stessa attraverso i ricordi, le esperienze, gli incontri che gettano luce sul razzismo, il sessismo, le miserie e le grandezze dell’epoca. Quella giovane donna sarebbe diventata la più influente critica letteraria americana, un’intellettuale capace di plasmare la cultura del suo tempo. Notti insonni, pubblicato per la prima volta nel 1979, è la storia della sua vita e la storia di un secolo, il Novecento.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Romanzo? Memoir? Diario? Forse qualcosa che assomiglia molto a tutti e tre. Una meditazione su una vita, come afferma Joan Didion nella prefazione. Un’opera nottambula, azzarderei io, un insieme di pensieri e ricordi che sulla carta hanno il veloce e confusionario procedere tipico delle visioni notturne, quando con gli occhi sbarrati e senza sonno guardiamo il soffitto e assistiamo all’andirivieni delle immagini del nostro passato: le persone che abbiamo amato e conosciuto, le nostre delusioni, gli amici con i quali abbiamo convissuto, gli artisti incontrati nel momento in cui stavano diventando qualcuno. "Notti insonni" è un insieme di istantanee di una vita ricca di stimoli intellettuali e di incontri più o meno fortunati. Scapoli affascinanti e mariti pieni di debiti che cenano con le loro mogli in ristoranti che non possono permettersi, la musica di Billie Holiday nei night club, divorzi e separazioni di amici e conoscenti, le feste in cui tutti si sentono intelligenti e interessanti e chissà se lo sono per davvero, i tormenti e i colpi di fulmine delle donne facili e felici. E, ancora prima, prima di New York, delle sue luci e dei suoi palazzi, l’infanzia nel Kentucky, e poi Boston, il Maine, Amsterdam e l'Europa, Montreal. Dall’albergo per sole donne di Manhattan in cui risiede, Elizabeth Hardwick osserva il Novecento americano nel suo farsi secolo di miseria e di razzismo, ma anche di sogni e libertà. Ciò che leggiamo è esattamente quello che l’autrice tira fuori dal suo passato, nella sua coerenza caotica di ricordo e fantasma. C’è come un senso di lontananza in quello che Hardwick scrive, come se pur avendo vissuto tutto in prima persona non fosse mai affondata per intero nel cuore delle cose, e come se fosse proprio quella parte di sé, la parte non sommersa, rimasta vigile e in disparte, a spingerla a dedicarsi a un “lavoro di memoria trasformata e persino distorta”.
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