Edith Bruck, scrittrice di origini ungheresi, ripercorre la sua infanzia, il periodo terrificante nei campi di concentramento e il graduale ritorno alla vita, da sopravvissuta, qui in Italia. "Il pane perduto" è un'opera necessaria, da leggere, rileggere, regalare, per non dimenticare mai ciò che è accaduto e che potrebbe ripetersi. Bruck scrive molto bene, in maniera precisa, asciutta, intensa, mai melodrammatica ed autocelebrativa. Il romanzo autobiografico è stato candidato al 75. Premio Strega ed è stato insignito del Premio Viareggio - Sezione narrativa e del Premio Strega Giovani.
Il pane perduto
Vincitore del Premio Strega Giovani 2021 - Finalista al Premio Strega 2021 - Vincitore della 92/a edizione del Premio Viareggio-Rèpaci Sezione Narrativa
«Un racconto da leggere fino all'ultima pagina di storia, di vita, di amore» - Furio Colombo, il Fatto Quotidiano
«Ne Il pane perduto, attraverso gli occhi di una tredicenne, è come se scoprissimo la Shoah per la prima volta. Di più: è come se fossimo presenti, come se fossimo quella bambina» - Daria Bignardi, Vanity fair
«Edith è una scrittrice straordinaria. Intensa come poche» - Antonio Gnoli, la Repubblica
"Racconta, non ci crederanno, racconta, se sopravvivi, anche per noi"
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.
Proposto da Furio Colombo al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:«L’ultimo libro di Edith Bruck (Il pane perduto, La nave di Teseo) unisce in un’unica grande opera ciò che l’autrice ha visto, vissuto, pensato e scritto: un’amorevole dolcezza prosciuga altri sentimenti (come l’odio legittimo per l’orrore e i carnefici), perché Edith è salva e tenuta in vita da un legame fortissimo, un misto di orgoglio e pietà affettuosa per chi, come lei, è stata spinta nella galleria dell’orrore. Nella visita sul fondo della memoria Edith ripercorre il miserabile inferno preparato meticolosamente dai suoi aguzzini (tornati come in un incubo), vittime di una solitudine che si nutre di morti. Ma la vita è troppo forte e l’istinto, ancora bambino, di saltare avanti è troppo grande. E quando, nella realtà come in questo nitidissimo racconto, vita e morte, distruzione e futuro si spaccano, Edith è già saltata sul lastrone della vita. E qui il libro diventa un racconto che devi leggere fino all’ultima pagina, di storia, di vita, di amore.»
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Anno edizione:2021
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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D.Deiana 05 giugno 2025
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Chiara 20 maggio 2025
A tredici anni la scrittrice ungherese Edith Bruck viene deportata insieme a tutta la sua famiglia dal povero villaggio in cui viveva ai campi di sterminio nazisti. "Il pane perduto" non solo è il racconto di un'infanzia tragicamente interrotta, ma soprattutto la cronaca di una giovinezza inquieta alla ricerca di un proprio posto in quel mondo che non riusciva a capire e non voleva sapere. La scrittura all'inizio non è molto fluida, ma successivamente migliora rendendo il volume una preziosa quanto cruda testimonianza dell'orrore dell'olocausto
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Beatrice 30 dicembre 2024Il pane perduto
Nasce dall'urgenza questo libro di Edith Bruck, dal bisogno che l'autrice condivide con altri testimoni dell'orrore più grande del Novecento di raccontare, di sondare con la parola l'inenarrabile. Un'esigenza personale sorta ai primi segnali di un'amnesia che rischia di cancellare frammenti di identità, ma anche un dovere civile percepito distintamente in un "tempo senza storia" (A. Prosperi) come quello attuale. Ignorando colpevolmente il passato, il nostro mondo rischia di precipitare in nuovi fascismi e di costruire nuovi capri espiatori nati dall'odio verso l'altro e dalla paura. Scritto in una prosa aspra, scabra, priva di orpelli retorici, questo libro possiede un indiscutibile valore documentario ed è un monito al lettore, chiamato all'esercizio attivo della memoria, che non è commemorazione, ma scelta consapevole contro il male dell'indifferenza.
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