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Anno edizione: 2011
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“Oggi assistiamo al paradosso di una letteratura che si moltiplica e contemporaneamente arretra, assediata dall’impero dei media, dalla vacuità della comunicazione, dalla degradazione del linguaggio e della vita civile.” Ferroni attacca la produzione letteraria italiana, rea di non essere in grado di esprimere un messaggio profondo e di non essere più capace di trasmettere quelli che sono i veri valori. “L’italiano qualunque” è felice di leggere il romanzo scritto dal vincitore del ‘Grande Fratello’ o da quello del programma televisivo ‘Amici’! “L’italiano qualunque” non è capace di accorgersi quanto spazio viene sottratto ad una “letteratura possibile” qualitativamente superiore, non è più capace di discriminare preso com’è dal “perpetuo zapping” nel quale ogni dato appare, scompare, si manifesta e si cancella! Ferroni condanna l’Italia, afflitta da una “inflazione della cultura” e ormai diventata un “paese senza”: un paese senza più una letteratura degna del proprio nome, senza un pubblico letterario capace di capire quale sia un buon libro e quale un libro spazzatura, senza una capacità di distinguere un libro della De Filippi ed uno di Vassalli. Tutti questi romanzi oggi permettono solo “di accumulare materiali di scarto” e di far “evaporare ogni dato stilistico”. Persino la critica non è più valida, schiava del ‘mecenate’ per il quale lavora e costretta ad accontentarlo in ogni caso. Ferroni però individua nella “forma ‘breve’ del racconto […] la più adatta a toccare la frammentarietà e la pluralità dell’esperienza” e a “scavarne il senso”. Cita a supporto della sua tesi diversi autori contemporanei, che scrivono per una “letteratura della responsabilità” e che si pongono come obiettivo “la sopravvivenza del mondo e del futuro, per il destino del pianeta e della vita di coloro che verranno”, fornendo loro una cultura “che dia un senso alle loro vite”.
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