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Certamente molto interessante la "questione italiana" e l'epicità e la passione con la quale Foscolo (e quindi Jacopo) la affronta, soprattutto nelle ultime 30 pagine. Ma l'ho trovato debole per quanto riguarda l'aspetto passionale/amoroso, il "build up" di Jacopo verso il suo triste e famoso epilogo è poco caratterizzato, a mio avviso. Gothe e Werther sono di altra fattura, sotto questo aspetto (nonostante Foscolo mi piaccia tantissimo).
Un romanzo epistolare in cui si mescolano due grandi passioni di Ortis (e di Foscolo): amore e patria. Un congiungersi distruttivo, poiché Napoleone ha ceduto Venezia agli austriaci, e l’amore per Teresa sembra essere impossibile poiché è stata promessa al (ricco) Odoardo. Sui modelli del Werther, dell’Heloise e del viaggio sentimentale, fra citazioni a Dante e Petrarca, si sviluppa un romanzo che ha già tutto ciò che chiederà il romanticismo: passione smisurata ed eroi tragici.
Un romanzo davvero con la R maiuscola, difficile parlarne perchè è uno dei pezzi forti della nostra letteratura nazionale. Inizialmente il libro mi risultava molto pesante, la lingua dell'Ottocento italiano non è delle più agevoli e questo, purtroppo, porta i lettori a preferire classici stranieri che, grazie alle traduzioni, diventano indubbiamente più agevoli. Anche la tematica fortemente legata alla storia del Risorgimento italiano, non mi prendeva. Eppure, col passare delle pagine, la situazione si è ribaltata. La lingua non mi sembrava più così complessa e i dolori di Jacopo, le sue frustrazioni, il suo amore, le sue passioni, il suo rammarico per l'esilio dalla patria, me lo hanno reso così vicino, che è impossibile non lasciarsi trascinare nei suoi stessi tormenti.
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