Una ventina d’anni fa lessi un dotto pamphlet di Giorgio de Marchis su un’opera di Vittore Carpaccio (Il pittore, l’umanista e il cagnolino) e rimasi colpito dalla interpretazione illuminata del quadro, basata anche su numerosi riferimenti dotti che l’artista aveva disseminato nel quadro. Oggi leggo con grande piacere questa monografia di Sgarbi (in realtà di pubblicazione anteriore), altrettanto colta e condotta con rigore filologico, che offre una panoramica delle principali opere di Carpaccio, in gran parte conservate nei musei veneziani. Carpaccio, scrive Sgarbi, “è certamente il pittore più colto e intellettuale del Quattrocento veneziano, il più “letterato” e il più umanista dei pittori veneti che precedono Giorgione”, che introduce nell’arte del suo tempo la ricerca di una rappresentazione quasi teatrale, come impostata su scenografie. In tal senso “Carpaccio dà rigore alla fantasia, rende verosimile l’irreale, costruendo spazi reali con paesaggi e architetture inventate oppure, in altre circostanze, dando una sostanza onirica e visionaria a citazioni di architetture reali”. Inoltre, “lo spirito dominante della poetica figurativa di Carpaccio è individuabile in una calcolata ricerca di “immobilizzare” i personaggi della rappresentazione al culmine della loro azione”: è il “recitar dipinto”, il teatro in pittura a costituire l’anima più autentica dell’immagine. Insomma, una lettura umanista e raffinata di un pittore che ha lasciato capolavori come il ciclo di sant’Orsola le Storie di san Giorgio.
Carpaccio. Ediz. illustrata
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Carpaccio dà rigore alla fantasia, rende verosimile l'irreale, costruendo spazi reali con paesaggi e architetture inventate, oppure, in altre circostanze, dando una sostanza onirica e visionaria a citazioni di architetture reali. Scienza e fantascienza sembrano essere l'ingrediente principale della poesia di Carpaccio. In lui non si sa mai se conti di più l'estrema precisione del generale o la misteriosa fascinazione, quasi simbolica, feticistica, del particolare, per forza di un equilibrio che è soltanto suo. Carpaccio è cosciente del compito filosofico, teorico, non di mera trascrizione, della pittura: l'artista crea, inventa, finge. Ciò che egli ci mostra prima non c'era, ciò che conoscevamo lo vediamo ora in una nuova luce. La pittura rivela, oltre il vero; non imita, crea.
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Collana:
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Anno edizione:2015
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Formato:Tascabile
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ormos 23 dicembre 2024
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