Il Popolo "Basso" deigli antichi Stati Sabaudi non era Plebe rinunciataria e vinta. Nelle varie epoche ha sempre lottato per migliorare le proprie condizioni economiche e assicurare ai figli una vita migliore. Evidentemente, in una visione probalistica,con riuscite e fallimenti. Lavorare e ancora lavorare era la bussola da seguire per tutti. L'autore e'*stato bravissimo a raccogliere le testimonianze, che per ricordi miei personali (*racconti ed esperienze dei nonni) sono sicuramente autentiche. Vi e'forse un po' troppa nostalgia per i tempi e la giovinezza andati ! Grande la differenza con le popolazioni di altri contesti italici.
Il mondo dei vinti
La fame, il lavoro infantile, l'emigrazione, le guerre insensate, la convivenza tra partigiani e nazifascisti. E poi l'abbandono delle montagne, l'avvento di un nuovo mondo: l'industria, i grandi allevamenti, il turismo che sfigura il paesaggio. Nei racconti dei 270 intervistati da Revelli - i contadini e montanari delle valli cuneesi, i vinti di sempre - scorre una linfa poetica che affiora negli scatti della memoria, con immagini e parole capaci di lasciare il segno. A volte cariche di dolore per le sofferenze e la durezza delle vite passate, a volte cariche di ingenuità. Il ritratto della condizione umana di una minoranza costretta a lasciare il proprio ambiente e i propri modelli di vita diventa lo specchio di una società malata, la denuncia dell'incapacità di ordinare in modo civile trasformazioni epocali che hanno assunto dimensioni drammatiche, dal Veneto alla Calabria.
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Renzo Montagnoli 27 gennaio 2017
Questo libro ha un’introduzione che deve essere assolutamente letta prima di passare al testo vero e proprio, perché Nuto Revelli spiega il metodo seguito per parlare, con estrema concretezza e lucidità, del triste destino della campagna e della montagna del cuneese nel dopoguerra. Per estensione lo stesso fenomeno avvenne in tutta Italia nel mondo legato alla coltura dei campi, un fenomeno che in breve può essere definito la fine della civiltà contadina, di cui ha parlato anche con i suoi appassionati romanzi Ferdinando Camon. Certo le singole realtà possono essere diverse, ma quello che è stato un mondo immutato per secoli le accomuna tutte. Nel caso del cuneese, se la campagna non viene sfruttata all’eccesso o peggio ancora industrializzata, resta una realtà di miseria senza speranza; la seconda, se non è oggetto di insediamenti turistici, viene abbandonata e diventa quasi un deserto. Revelli, forte di quanto appreso durante la drammatica ritirata dal Don circa il dovere della memoria, ci racconta nel suo libro come era una civiltà che ora non c’è più e lo fa sulla falsariga di un’inchiesta, intervistando gente anziana della pianura, della collina e della montagna. Il suo è stato un lavoro certosino, perché munito di registratore ha interpellato ben 270 persone, poi ha provveduto alla trascrizione rispettando, per quanto possibile, la forma del parlato. A tratti sembra una delle interessantissime inchieste di Sergio Zavoli, solo che qui non ci sono immagini, ma egualmente si crea un’atmosfera che consente alla fantasia di farsi un’idea di come possa essere l’intervistato: anziano, rinsecchito da anni di duro lavoro, con la malinconica tristezza di chi si sente un vinto. E in effetti, da questi ricordi emerge un mondo di profonda miseria, fatto di duro lavoro, talmente malpagato che il guadagno sembra quasi un’elemosina; peraltro era gente che si accorgeva di non contare nulla, anzi di essere, oltre che emarginata, buona solo per essere sfruttata. E per quasi tutti c’è la memoria della Grande Guerra, il massimo dell’infelice vita personale, ognuno considerato solo uno dei tanti, in pratica un numero, niente di più che carne da cannone. Eppure, questo mondo di sofferenza e di ignoranza presentava valori oggi ormai sconosciuti, univa persone dove oggi si dividono, trovava nel poco e niente il necessario per vivere. Adesso non é più così e ha ragione uno degli intervistati quando dice che il povero di adesso è più ricco del ricco del suo tempo, perché esisteva in passato anche nelle classi meno disagiate quella continua incertezza del futuro che le portava a essere sparagnine, insomma che si conteneva nelle spese , limitando quei consumi che oggi invece sono lo scopo continuo di ognuno di noi. Il mondo dei vinti é una testimonianza irripetibile di ciò che fu e di questo dobbiamo ringraziare Revelli, perché ci porta a conoscere le nostre lontane radici , ci aiuta a comprendere da che passato veniamo.
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