Stirpe terminava con Vincenzo Chironi, che del tutto inatteso, anche perché sconosciuto, entrava in casa Chironi, con la famiglia ormai ridotta ai minimi termini e costituita dal capostipite Michele Angelo e dalla figlia vedova Marianna. Il giovane ha messo piede per la prima volta sull’isola alla ricerca di quelle che sono le sue origini, in quanto figlio riconosciuto di Luigi Ippolito Chironi, morto poi in guerra, e frutto di una sua relazione con una giovane friulana, pure lei deceduta quando il piccolo era ancora in fasce e così finito all’orfanotrofio. Per quanto ovvio, a Nuoro per lui comincerà una nuova vita, così come una speranza di prosecuzione nella stirpe sorge nella famiglia, abituata, purtroppo, a soffrire nell’abbondanza. In questo secondo romanzo della saga le vicende umane si susseguono scandite dal ritmo delle stagioni e percorrono, o meglio attraversano, dei tempi di mezzo con un passato che quasi si ribella all’avverarsi dei tempi nuovi, ma pur storcendo il naso li accetta; è così che si snocciola il tragitto della vita con matrimoni, nascite e le immancabili e inevitabili morti fino alla fine degli anni ‘70 del XX secolo. Sullo sfondo del cammino dei protagonisti dall’alba al tramonto si innesta forte, prepotente, ma al tempo stesso rasserenante, pur fra luci e ombre, la natura dell’isola, descritta magistralmente dall’autore, con accenni quasi poetici che impreziosiscono la narrazione e sono accolti entusiasticamente dal lettore perché il poter leggere una trama, indubbiamente interessante, innestata su un palcoscenco fatto di montagne brulle o lussureggianti, di zone aride e di altre rigogliosamente verdi, di un mare cristallino e quasi tropicale, è un piacere intenso per lo spirito. Non esagero se dico che l’ambiente appare dinanzi ai nostri occhi, si percepiscono odori e suoni, ma quel che più conta si ha netta la sensazione di esserse immersi in quel panorama, di essere presenti a vicende liete e ad altre meno liete, in poche parole di essere irresistiblimente attratti dalle righe che compongono le pagine che scorrono veloci, più veloci del tempo della narrazione e che riescono a staccarci dal nostro piccolo attuale mondo per essere partecipi di una realtà passata. Nel tempo di mezzo è un bel romanzo, come del resto il primo della serie, Stirpe, un’opera che non mancherà di soddisfare anche i palati più esigenti, visto che contenuto e forma procedono di pari passo su un livello di eccellenza. Ho scoperto tardi questo autore, ma, come si suol dire, non è mai troppo tardi, basta volere, e infatti piano piano leggerò le sue opere.
Nel tempo di mezzo
Vincenzo Chironi mette piede per la prima volta sull'Isola di Sardegna - "una zattera in mezzo al Mediterraneo" - nel 1943, l'anno della fame e della malaria. Con sé ha solo un vecchio documento che certifica la sua data di nascita e il suo nome, ma per scoprire chi è lui veramente dovrà intraprendere un viaggio ancora più faticoso di quello affrontato col piroscafo che l'ha condotto fin li. A Nuoro trova ad attenderlo il nonno, Michele Angelo maestro del ferro, che gli farà da padre e da complice in parti uguali -, e soprattutto sua zia Marianna, che vede nell'inaspettato arrivo del nipote l'opportunità per riscattare un'esistenza puntellata dalla malasorte. Anni dopo, quando ormai a Nuoro la presenza di Vincenzo Chironi sembra scontata, naturale come il mare e le rocce, la forza del sangue torna a far sentire il suo richiamo. Perché quando Vincenzo conosce Cecilia, che ha "gli occhi di un colore che non si può spiegare", innamorarsi di lei gli sembra l'unica cosa possibile. Anche se è promessa sposa di Nicola, con cui lui è mezzo parente... Se è vero che "la disobbedienza chiama il castigo", forse è anche vero che quell'amore è l'ultimo anello di una catena destinata a non aver fine. Dopo l'epopea di "Stirpe", Marcello Fois - con una lingua capace di abbracciare l'alto e il basso, e di potenziare lo scorrere del tempo - dipinge un mondo in cui i paesaggi sono vivi come i personaggi che li abitano.
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Autore:
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Editore:
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Collana:
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Anno edizione:2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Renzo Montagnoli 27 novembre 2019
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valentina sarritzu 29 novembre 2017
Marcello Fois non si smentisce con questo econdo volume della saga dei Chironi. In questo libro Fois dà un valore aggiunto alla Sardegna che non è un mero scenario bensì una protagonista. Una Sardegna nominata zattera sul mare, un deserto roccioso che richiama atmosfere bibliche. Una terra che Vincenzo Chironi deve scoprire quasi come fosse un rito d’iniziazione e guidato da un pastore cieco riesce a raggiungere la famiglia di suo padre.Un libro perfetto per chi ama le saghe familiari
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Molto bella questa seconda parte della saga dei Chironi. Scabra, quasi ostile , presaga di dolcezza ma anche di dolore, la natura accoglie il giovane Vincenzo, approdato finalmente in quell’isola così lontana , in quella arcana Sardegna che ha dato i natali a suo padre. Il silenzio è la nota dominante, silenzio nella natura e tra gli uomini. Ma a volte i silenzi valgono più di mille parole. C’è del mitico nel ritorno di questo “nipote ritrovato”, quasi di “figlio perduto”, in questo ricominciare una vita che sembrava ormai disseccata, segnata dalla perdita e dal dolore. E Vincenzo si inserisce bene, vive, ama, si immerge agevolmente in quel mondo “antico”, dove non è venuta mai meno la comunione con i defunti, con i propri cari che fanno parte ancora di quel mondo. Il finale mi è giunto inaspettato, non ero preparata!! Ma in effetti è la logica conclusione per la fine di un mondo e l’inizio di uno nuovo. Quando il “nuovo” si affaccia, allora non c’è più posto per il “vecchio”!! La scrittura è anch’essa dura, asciutta, fatta di parole dal significato non univoco, che indicano gesti, sguardi che denotano i veri sentimenti. Tutti positivi e bellissimi i personaggi, soprattutto il vecchio patriarca Michele Angelo, così saggio, umano e sensibile!
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