Nudo di famiglia - Gaia Manzini - copertina
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Letteratura: Italia
Nudo di famiglia
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Descrizione


Ada ha novantasette anni, è sul letto di morte, e non ha alcuna speranza di tornare a camminare. Eppure ha un segreto. Quando nessuno più la pensa, nonostante sia ferma e immobile, inchiodata al letto di mogano, lei va a nuotare. Con questo racconto inizia "Nudo di famiglia" di Gaia Manzini, il primo libro di questa scrittrice vinta da un'ossessione potente: quella di raccontare la famiglia italiana senza tralasciare il particolare. Lo sguardo è puro e lontano dalle mode, la scrittura ha stile, il dettaglio distingue il destino dei personaggi di queste storie, distingue un nucleo familiare da un altro. Un cosmo da un altro cosmo. La follia dal normale corso delle cose. Tradizioni, riti, regole, soprusi, la famiglia è terra di leggi precostituite e di leggi sovvertite, ma anche luogo di tutte le contraddizioni e il detonatore di ogni deficienza. L'immagine di una famiglia impeccabile si crea solo pagando lo scotto lacerante della più profonda indifferenza. L'unione di una coppia può essere determinata da un estraneo, che osserva attento come un entomologo. L'incesto può essere una prima volta felice e cercata. La morte può giungere come una nuotata rinfrancante, un istinto di libertà che i doveri hanno insabbiato da sempre, ma non per sempre. Il capriccio di un genitore può essere più efficace di un rimprovero. L'autorità di una figura paterna può essere messa in continua discussione dall'assenza di pudore.

Dettagli

189 p., Brossura
9788860441126

Valutazioni e recensioni

  • CARLO TURCO

    A me sembra che l’entusiastica accoglienza unanimemente tributata a Nudo di famiglia, di Gaia Manzini (editore Fandango) sia l’ennesima riprova della conformistica sciatteria che caratterizza le recensioni della stampa nostrana, quella generalista ma anche quella specialistica. Che i quindici racconti della Manzini trattino di sofferenze familiari - o talora, più limitatamente, di coppia – non c’è dubbio. Ma è bizzarramente assurdo sostenere che si tratti di storie esemplari capaci di comporsi in un grande affresco sulla famiglia contemporanea, mettendone a nudo tutte le caratteristiche più intime, come si afferma nel soffietto di copertina recepito acriticamente dai recensori. Salva qualche eccezione, i racconti si incentrano su emozioni, sentimenti, memorie, reazioni – non di rado decisamente patologici – quali si sviluppano in situazioni familiari che, stando al testo, rappresentano casi limite, se non addirittura clinici. Per stare alla metafora cara all’autrice e all’editore, la narrazione, piuttosto che svelare, denudare realtà segrete sottostanti ad un’apparente normalità familiare, è tutta e soltanto focalizzata sulle manifestazioni delle criticità. Ne deriva un impatto, sul lettore, che ha molto più a che fare con il sentirsi scioccato, come di fronte a rappresentazioni che non di rado sembrano sconfinare nel voyeurismo e nell’esibizionismo delle nudità, piuttosto che con il sentirsi coinvolto da sviluppi drammatici. A questo effetto contribuiscono decisamente i modi della narrazione. Da un lato colpisce l’assoluta omogeneità nei registri del narrare che si riscontra in tutti i racconti, a prescindere dal fatto che la voce narrante appartenga a uomini, donne, anziani, giovani, protagonisti, testimoni. Dall’altro lato c’è una ridondanza di espedienti espressivi volti a creare un’atmosfera drammatica che richiama un po’ certi thriller od horror in cui la colonna sonora s’affanna a creare quella suspense che il film manca di suscitare. Troppo spesso passaggi come quelli da narratore esterno onnisciente, a prima persona, a falsa terza persona, le discrasie tra tempo della storia e tempo della narrazione, i salti nel tempo o tra i luoghi delle vicende, tra memoria e presente, anziché funzionali a imprimere un ritmo significativo alla narrazione, risultano semplicemente confusi. Ma sono soprattutto la ricorrenza di tic lessicali e la sovrabbondanza di metafore e similitudini improbabili e iperboliche (per qualche esempio rinvio al mio blog,http://carturco.wordpress.com/) che finiscono per distrarre irrimediabilmente il lettore da ogni partecipazione empatica. Alla fine sorge spontaneo l’interrogativo se ci siano, o cosa ci stiano a fare, degli editor in una casa editrice. Specie quando fin dalle prime righe del primo racconto di una nuova collana editoriale, si accetta che Ada sia un monosillabo: anzi, un monosillabo veloce.

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Foto di Gaia Manzini

Gaia Manzini

È nata a Milano e vive a Roma. Ha esordito nel 2009 con la raccolta di racconti Nudo di famiglia (Fandango, finalista premio Chiara). Nel 2012 ha pubblicato il romanzo La scomparsa di Lauren Armstrong (Fandango, selezione premio Strega e finalista premio Rieti) e nel 2014 Diario di una mamma in pappa (Laterza), un viaggio sentimentale tra le rocambolesche avventure della maternità. Altre sue pubblicazioni sono: Ultima la luce (Mondadori 2017) e Nessuna parola dice di noi (Bompiani 2021).

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