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Anno edizione: 2019
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Otto giurati. Un unico verdetto. Lo pronuncerà una donna, il Presidente di Corte d’Assise Virginia Della Valle, al termine di un’estenuante camera di consiglio, dove la Verità assume il volto di ciascuno dei giurati chiamati a stabilirla in relazione a un processo difficile, restando, alla fine, denudata delle contraddizioni dello scontro dialettico, che ha condotto alla sua rivelazione processuale, ridotta, appunto, a mero verdetto. Lo sforzo d’astrazione da sé che i giurati dovranno compiere, per giungere a un giudizio di colpevolezza o innocenza, è lo stesso che, probabilmente, ha compiuto lo scrittore nell’affidarci non solo alla verità risolta del romanzo, ma a quella, a volte irrisolvibile, del processo penale, retto dal principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, che è poi il titolo del libro ed il suo protagonista più pervasivo. Questo stesso dubbio è incarnato da una donna magistrato, che “sente” di aver compiuto in passato un’ingiustizia, proprio in nome di una formula dubitativa, della non raggiunta certezza processuale in merito ad un episodio, che chiama in causa anche le “ragioni” del suo sesso. Il timore e il tremore di una coscienza di fronte alla latente tentazione di abbandonare l’Altare “sacrificale” (ma catartico) del Dubbio in nome di una comoda verità è delineato dalla punta di fioretto dello scrittore, che conosce bene la propria materia e, scrivendone, interroga la coscienza del magistrato, del giornalista di cronaca giudiziaria, del lettore più avvertito. E’ il dubbio (o meglio le conseguenze di una decisione in cui la proverbiale cautela del giudice è stata usata correttamente, ma con esiti smentiti dallo sviluppo di fatti successivi), in definitiva, che ha reso triste la vita di Virginia, più assoluta la sua solitudine, quasi asfittica la sua capacità di amare (come se lei dovesse pagare un delitto, rimasto secondo il suo punto di vista impunito, con la perdita di qualcosa di sé essenziale per dirsi felice) e persino di godere delle gioie semplici di un matrimonio, all’apparenza, riuscito, in realtà sempre più alla deriva, come alla deriva è la coscienza della togata di sentirsi sempre più magistrato, con il non espresso sospetto che il ruolo di Presidente di Corte d’Assise abbia fagocitato completamente la donna che è in lei. Di fronte a due amanti, Antonella Altavilla e Giulio Maselli, non meno cupi e sfuggenti di quelli disegnati nella Teresa Raquin di Zola, che si accusano reciprocamente dello stesso omicidio, quello del marito dell’Altavilla, di cui non è stato ritrovato il corpo,…di fronte ad un processo puramente indiziario…c’è da domandarsi se lo spirito del Presidente Della Valle vacillerà sull’altare del Dubbio, a cui tanto della sua vita ha già sacrificato. Thriller psicologico di inusitata eleganza, il romanzo di Francesco Caringella ci spiega i meccanismi segreti della camera di consiglio e denuda, alla fine del romanzo, la verità così come essa è. Nell’arco dell’intera narrazione, allo stesso modo, spoglia le anime dei suoi personaggi di ogni corazza, infingimento, sino ai più rarefatti veli, che rivestono le pareti più intime dell’io, dove si annidano i pensieri ed i sentimenti più segreti. Verità processuale e verità sostanziale possono coincidere? Fino a che punto la macchina della giustizia assolve a una funzione davvero retributiva? Il processo mediatico è capace di obnubilare la sacralità di quello giudiziale? Questa ed altre simili domande si agitano nella mente del lettore, grazie a questo imperdibile romanzo. Come Proust, Caringella, con quest’opera, ci ha comunicato quanto del suo spirito bastasse a determinare in noi l’epifania di una nuova ricerca: “Sentiamo bene che la nostra esplorazione comincia dove l’autore ha voluto che la sua terminasse, e vorremmo che egli ci desse delle risposte, quando tutto ciò che può fare è donarci desideri” (M. Proust).
La macchina della giustizia ha uno strano ingranaggio: le sue ruote dentate a volte afferrano la verità, altre la lasciano integra. E’ difficile andare Oltre ogni ragionevole dubbio e Francesco Caringella ce l’ha dimostrato con il suo ultimo capolavoro. Sono anni questi in cui i processi mediatici imperano in tv: le poltrone ed i divani domestici sono scranni da cui un pubblico spietato sputa verdetti e sentenze. Inoltrandosi tra le pagine del thriller si varca una porta che conduce in una camera dove però ogni giudizio, sensazione, sesto senso e convinzione lascia il posto esclusivamente a prove legali. «Se si parte con la verità in tasca, il giudizio diventa pregiudizio. Invece, il dubbio è libertà, stato d’animo, la bussola che ci guiderà al verdetto. Perché se il dubbio è il presupposto di ogni processo, ogni processo è lo scioglimento di un dubbio». Un romanzo intrigante, dal finale inaspettato. Un omicidio, un corpo mai ritrovato, due giovani amanti sono gli ingredienti di un giallo che si snoda pian piano in una scrittura avvincente che incuriosisce il lettore e lo spinge a guardare diritto dentro la verità, perché, in fondo, questa…non è stata mai così falsa!
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