Ottimo libro, non solo sotto il profilo letterario, ma anche dal punto di vista tipografico.
Il padrone
Nell'autunno del 1964, dopo cinque anni di silenzio, Parise pone fine a un nuovo romanzo, "Il padrone", che gli appare simile a una favola "minuziosa e crudele". Da una favola, in effetti, sembra uscita la ditta commerciale (ma non sarà difficile riconoscervi la casa editrice dove Parise lavorò a lungo) in cui il giovane protagonista, appena sbarcato dalla provincia in una grande città, trova lavoro: un palazzo di vetro che, con la sua cuspide scintillante, esercita una irresistibile forza di attrazione. E da una favola (parodistica) o da un cartoon sembrano usciti i personaggi che lo popolano: il malinconico, nevrotico dottor Max, il padrone, diviso fra la passione per la filosofia e l'ansia di scalzare il potere del padre, il vecchio Saturno; Uraza, sua madre e principale alleata, che si serve dell'enorme massa di capelli soffici e fiammeggianti come di un potentissimo strumento sensorio; la fidanzata Minnie, che accompagna ogni gesto con un'onomatopea da fumetto; il fedele autista-infermiere-spia Lotar, incarnazione della forza bruta e della più ottusa fedeltà; e la folla di collaboratori e dipendenti, dall'immenso e infido dottor Bombolo agli inermi Pluto e Pippo. Ma, soprattutto, rinvia a una favola (filosofica) il gelido incantesimo che imprigiona la ditta trasformandola in una immane trappola mortuaria: far parte del suo organismo significa infatti essere proprietà del dottor Max, e dunque - prigionieri delle involuzioni e delle allegorie del suo pensiero.
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Anno edizione:2011
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De "Il padrone" colpiscono, per prima cosa, i nomi dei personaggi. Ci si ritrova in un mondo popolato da personaggi dai nomi stravaganti, quali Diabete, Bombolo, Pippo e Pluto, che rimandano immediatamente al mondo dei fumetti e creano, a mio parere, un forte contrasto tra il mondo raccontato (realistico, disincantato, amaro) e il mondo richiamato da essi, cioè quello dei fumetti (scanzonato, disimpegnato, anche comico per certi versi). Trovo significativo il fatto che il personaggio non abbia nome e sia posto quindi, anche in questo senso, in netto distacco dal resto dei personaggi, tutti interni all'azienda. È difficile parlare di un romanzo così particolare: la storia narrata vede la progressiva disillusione del protagonista che si trasferisce dalla provincia in città carico di aspettative e speranze ma, con il passare del tempo, diventa quello che definirei "un guscio vuoto", unicamente concentrato sul suo padrone. Un romanzo dalla fine estremamente amara e difficile da digerire, ma che costituisce una lettura piacevolissima e che invita alla riflessione.
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Goffredo Parise scrive un romanzo in cui emerge la toria di un giovanissimo ragazzo proveniente dalla provincia che trova lavoro in una grande città industriale. Qui il protagonista tenderà a supire un processo di alienazione e spersonalizzazione, diventando un lavoratore esemplare ma anche schiavo e incapace di comprendere le umiliazioni subite dal suo dirigente, il dottor Max. Attraverso un’attenta analisi sociologica e della cultura pop, Parise esprime la sua contrarietà verso il consumismo di massa e la cultura del lavoro che inducono il protagonista a considerare il suo datore di lavoro come se fosse un dio.
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