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Anno edizione: 2011
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Ottimo libro, non solo sotto il profilo letterario, ma anche dal punto di vista tipografico.
De "Il padrone" colpiscono, per prima cosa, i nomi dei personaggi. Ci si ritrova in un mondo popolato da personaggi dai nomi stravaganti, quali Diabete, Bombolo, Pippo e Pluto, che rimandano immediatamente al mondo dei fumetti e creano, a mio parere, un forte contrasto tra il mondo raccontato (realistico, disincantato, amaro) e il mondo richiamato da essi, cioè quello dei fumetti (scanzonato, disimpegnato, anche comico per certi versi). Trovo significativo il fatto che il personaggio non abbia nome e sia posto quindi, anche in questo senso, in netto distacco dal resto dei personaggi, tutti interni all'azienda. È difficile parlare di un romanzo così particolare: la storia narrata vede la progressiva disillusione del protagonista che si trasferisce dalla provincia in città carico di aspettative e speranze ma, con il passare del tempo, diventa quello che definirei "un guscio vuoto", unicamente concentrato sul suo padrone. Un romanzo dalla fine estremamente amara e difficile da digerire, ma che costituisce una lettura piacevolissima e che invita alla riflessione.
Goffredo Parise scrive un romanzo in cui emerge la toria di un giovanissimo ragazzo proveniente dalla provincia che trova lavoro in una grande città industriale. Qui il protagonista tenderà a supire un processo di alienazione e spersonalizzazione, diventando un lavoratore esemplare ma anche schiavo e incapace di comprendere le umiliazioni subite dal suo dirigente, il dottor Max. Attraverso un’attenta analisi sociologica e della cultura pop, Parise esprime la sua contrarietà verso il consumismo di massa e la cultura del lavoro che inducono il protagonista a considerare il suo datore di lavoro come se fosse un dio.
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