Christophe Bohun vive a Parigi ed è impiegato nell'azienda di cui un tempo era proprietario suo padre: per nulla ambizioso ma soffocato dalla modesta vita da impiegato che è costretto a vivere a causa della bancarotta paterna, Christophe trascina la propria vita più che viverla, accanto a una moglie che non ama più e a un figlio che non riesce a comprendere. Alla morte del padre riceve in "eredità" una lista contenente nomi di persone potenzialmente coinvolgibili in uno scandalo. Ricattandole potrebbe risollevare la sua sorte, ma riuscirà un uomo tranquillo e mediocre come Christophe a comportarsi come avrebbe fatto suo padre? Incredibile la modernità di questo romanzo, sembra scritto oggi. L'atmosfera cupa e soffocante e il finale da brividi ne fanno uno dei migliori di questa versatile scrittrice. Per quelli che..."ieri si stava meglio"!
La pedina sulla scacchiera
«I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati» è scritto nella Bibbia. All'èra dei pirati della finanza e dell'industria, degli imperi economici costruiti sui campi di battaglia è succeduto lo scenario desolante degli anni Trenta: la borsa in caduta libera, la crisi, la disoccupazione – e «tutti quegli scandali ignobili, quei processi, quei tracolli privi di grandezza»... Come molti della sua generazione, Christophe Bohun non ha né ambizioni, né speranze, né desideri, né nostalgie. È un modesto impiegato nell'azienda che suo padre – il Bohun dell'acciaio, il Bohun del petrolio, l'uomo del quale si diceva: «Dove passa lui crescono solo rovina e guerra» – è stato costretto, dopo un clamoroso fallimento, ad abbandonare nelle mani del socio. Si lascia svogliatamente amare da una moglie di irritante perfezione e da una cugina da sempre innamorata di lui. «È la pedina» annota la Némirovsky sulla minuta del romanzo «che viene manovrata sulla scacchiera, che per due o tremila franchi al mese sacrifica il suo tempo, la sua salute, la sua anima, la sua vita». Alla morte del padre, però, Christophe trova in un cassetto, bene in evidenza, una busta sigillata: dentro, un elenco di parlamentari, giornalisti, banchieri a cui, nel tentativo di evitare il crac, il vecchio Bohun aveva elargito somme ingenti affinché spingessero il governo ad accelerare i preparativi bellici. Riuscirà questo bruciante retaggio, questa potenziale arma di ricatto, e di riscatto, a scuotere Christophe dal suo «cupo torpore»? Difficile trovare un romanzo così puntualmente applicabile a temi e fatti di ottant'anni dopo.
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CARMELA GIUSTINIANI 28 novembre 2017
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Christophe Bohun è impiegato nella vecchia azienda del padre – un tempo ricco e temuto – che dopo il fallimento ha dovuto cedere al socio. Christophe non ha ambizioni e desideri, non ha ricordi, valori o speranze per i quali valga la pena continuare a vivere, la sua vita scorre senza particolari emozioni. La solita routine oscilla tra lavoro in banca e la casa, dove lo aspettano un figlio troppo lontano – che si avvia a seguire le orme del padre inconsapevolmente, pur non volendo – una moglie che ha sposato troppo giovane – che probabilmente non ama – e una vecchia cugina, un tempo sua amante. Questo piccolo romanzo fu tra i primi scritti della scrittrice, ma le valse molte critiche da parte delle testate giornalistiche, le quali affermavano che non era all’altezza di David Golder e si soffermava, ancora una volta, su figure di ebrei capitalisti e dediti solo al denaro; in breve fu quasi accusata anche di antisemitismo – lei che pure ebrea era. Mi permetto però di dissentire perché in queste pagine si legge già il suo stile maturo, diverso e spietato: la sua penna non lascia scampo a nessun personaggio che descrive, li inchioda e li condanna versando l’inchiostro sulla carta.
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FRANCESCO CASCONE 28 novembre 2016
Di fronte alla Némirovsky io un po' perdo le parole. Perdo i pensieri, perdo anche le mie emozioni. Questo romanzo, piuttosto breve, non si può finirlo in tempi brevi. Ha bisogno di essere assaporato, di essere vissuto parola per parola, di essere sofferto. La némirovsky ci racconta di Christophe e della sua passività nei confronti del lavoro, della famiglia, della vita stessa. Un uomo spento in un paese senza speranze. Eppure non si può non sentirsi coinvolti da tanta cupezza e tanta passività. Chapeau.
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