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Questo libro è il risultato di un lavoro ostinato e creativo che ha trasformato quasi tre anni di reclusione in resistenza e lotta.
«Questo “graphic memoir” è un libro politico, è il privato usato per spiegare il pubblico, la storia personale come veicolo di una vicenda collettiva. Le illustrazioni sono semplici e le parole didascaliche perchè qui l’arte non è abbellimento ma mezzo per documentare, lasciare traccia, consegnare un memento, come facevano i prigionieri di Palazzo Steri a Palermo riempendo di graffiti le pareti del carcere dell’Inquisizione» - Raffaella De Santis, Robinson
Questa è la storia di Zehra Dogan, una attivista, giornalista e artista contemporanea curda, condannata per un disegno e gettata nella prigione numero 5 di Diyarbakir, nella Turchia orientale. Una prigione inscritta nella storia del paese come un luogo di persecuzione, ma anche di resistenza e di lotta del popolo curdo. Questi disegni, fatti uscire clandestinamente dalla prigione numero 5, sono stati fatti da Zehra Dogan nonostante la mancanza di materiale, sfidando muri e divieti. Come può una prigione - nonostante gli sforzi per isolare e rompere queste donne e questi uomini, nonostante pratiche umilianti e violente, nonostante oppressioni e torture - diventare, grazie alla solidarietà e al lavoro collettivo, un luogo di ricostruzione? Le idee non possono essere prigioniere. Trovano la loro strada, scivolano dentro le fessure, attraversano le finestre con le sbarre e le crepe dei muri. Evitano agili il filo spinato. Raggiungono l'esterno della prigione come rami d'edera. E alla fine, arrivano a noi.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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