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Anno edizione: 2020
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Monelli fotografa bene la Capitale dagli ultimi mesi del fascismo e dal crollo del regime fino al periodo di transizione che termina con l'annuncio dell'armistizio l'8 settembre del 1943. Riesce a descrivere il sentimento degli italiani e in particolare dei romani, tra speranze illusioni e nuove paure. Allo stesso tempo descrive in modo preciso, avvalendosi di testimonianze accurate, le trattative che hanno portato all'armistizio tra Italia e Stati Uniti, ben tratteggiando l'ambiguità e le incomprensioni reciproche in un clima di diffidenza generale verso il vecchio nemico. Stessa descrizione impeccabile per il periodo dopo l'otto settembre con lo sfacelo dei comandi militari, l'ambiguità dei comandi militari e la chiara assenza di disposizioni chiare per l'esercito, oltre alla mancata attuazione del piano per la difesa di Roma. Nel libro c'è di più, c'è la voglia di documentare un periodo buio della storia d'Italia in un momento di transizione dopo la fine del fascismo. Consigliatissimo
Il libro inizia con i malinconici auguri per il nuovo anno scambiati fra Monelli e un suo amico il primo gennaio del 1943; c’è in giro un’apatia che contrasta con l’incrollabilità del popolo italiano strombazzata dai giornali di regime e in fondo è anche comprensibile, perché, non solo la guerra è in essere con tutte le sue problematiche da quasi tre anni, ma ormai la situazione sui vari fronti lascia intendere che di speranze di vittoria non ce ne sono più. I caduti in battaglia, i bombardamenti, il razionamento alimentare rappresentano ormai una costante per una nazione che entrò in guerra solo perché lo volle il capo, un uomo descritto come malato, vanitoso, irresponsabile. E il peggio deve ancora venire, perché persa la Libia ci sarà lo sbarco in Sicilia, indi la caduta del fascismo il 25 luglio votata dai membri del Gran Consiglio, l’arresto di Mussolini il giorno dopo appena uscito da villa Savoia dove era appena andato a conferire con Vittorio Emanuele III per quella esautorazione maturata in una notte di fuoco in cui il duce, più che protagonista, pare essere stato un attonito spettatore, e infine quel maledetto armistizio dell’8 settembre che portò i tedeschi a occupare Roma e buona parte dell’Italia, una tragedia di cui fecero spese gli italiani, soggetti di una brutale repressione. Monelli analizza i fatti, descrive gli eventi, ricerca le motivazioni dei comportamenti, in un crescendo che avvince il lettore che, benché almeno a grandi linee sappia quel che accadde, ha l’impressione di trovarsi di fronte a qualche cosa di nuovo, a una visione quasi cinematografica che va dalla mestizia di due uomini che si fanno gli auguri il primo gennaio del 1943 alle scene di gioia, all’unanime sollievo degli esausti romani il 4 giugno 1944 allorché le avanguardie americane entrarono in città.
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