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Nationality Letteratura: Gran Bretagna
The 100. Homecoming
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The 100. Homecoming - Kass Morgan - copertina
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100. Homecoming

Descrizione


L'umanità torna a casa. Bellamy deve fuggire per vivere. Clarke, per sopravvivere, ha bisogno di ritrovare i suoi genitori. Glass scopre quanto sia pericoloso abitare nella giungla. Wells impara ad andare avanti, con la morte accanto a sé

Nuove navicelle arrivano sulla Terra, in fuga dalla stazione spaziale a corto di ossigeno. I 100 sono pronti ad accogliere i fortunati sfuggiti a una morte certa. Tra i nuovi arrivi ci sono vecchi amici come Glass e Luke, che ritrovano così Clarke e Wells. C’è anche il temibile Vice Cancelliere Rhodes, però, che intende ristabilire il regime di terrore instaurato sulla stazione spaziale, senza sconti per nessuno. Bellamy, colpevole di aver causato il ferimento del Cancelliere, è il suo primo bersaglio. In fuga dalla colonia, si rifugia con i suoi amici tra i terrestri. Lo scontro con le truppe di Rhodes è inevitabile. Il Vice Cancelliere sferra un attacco spietato, ma i suoi avversari sono determinati a resistere. È giunto il momento che i 100 si uniscano e lottino per difendere la libertà che hanno trovato sulla Terra.
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Dettagli

2017
9 febbraio 2017
334 p., Rilegato
9788817092425
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Indice

Le prime pagine del romanzo

Glass aveva le mani coperte del sangue di sua madre. Se ne rese conto a poco a poco, come attraverso una fitta nebbia, quasi che quelle dita appartenessero a qualcun altro e il sangue fosse parte di un brutto sogno. Quelle mani, però, erano le sue ed erano davvero insanguinate.
Aveva il palmo destro incollato al bracciolo della poltrona, nella prima fila della navicella, mentre qualcuno le stringeva forte la mano sinistra. Era Luke. Non l’aveva più lasciata dopo averla trascinata lontano dal cadavere della madre per poi spingerla sul sedile, e la teneva stretta come se volesse risucchiare quel dolore straziante dal corpo per assorbirlo.
Glass cercò di concentrarsi sul calore della sua mano, sulla fermezza della stretta che Luke non allentò nemmeno quando la navicella cominciò a vibrare, precipitando a velocità supersonica verso la Terra. Appena qualche minuto prima Glass era seduta accanto a sua madre, pronta ad affrontare il nuovo mondo insieme a lei; ma ormai Sonja era morta: le aveva sparato una guardia impazzita che voleva a tutti i costi imbarcarsi sull’ultima navicella in partenza dalla Colonia condannata. Glass strizzò le palpebre, nel vano tentativo di scacciare dalla mente quella scena: la mamma che si afflosciava per terra senza emettere un suono; Glass che s’inginocchiava accanto a lei; la mamma che boccheggiava e rantolava; Glass che le prendeva la testa in grembo, soffocando i singhiozzi per dirle quanto le voleva bene. Aveva visto la macchia scura allargarsi sulla camicia della donna, mentre la vita l’abbandonava e i lineamenti del volto si distendevano dopo aver detto alla figlia le sue ultime parole: Sono così fiera di te.
Non c’era verso di fermare quella sequenza d’immagini, proprio com’era impossibile cambiare la verità. Sua madre era morta, e Glass e Luke sfrecciavano nello spazio a bordo di una navicella che da un momento all’altro si sarebbe schiantata sulla Terra.
Il veicolo fu scosso da una potente vibrazione e sbandò prima da un lato, poi dall’altro. Glass se ne accorse a malapena. Avvertì la vaga sensazione della cintura di sicurezza che le si conficcava nel costato, mentre il suo corpo seguiva i sobbalzi della navicella, ma il dolore per la morte della madre la feriva molto più in profondità della fibbia metallica.
Aveva sempre immaginato il dolore come un peso… quelle rare volte che ci aveva pensato, a dire il vero. La Glass di un tempo non si era mai soffermata troppo a riflettere sulle sofferenze degli altri, ma le cose erano cambiate dopo la morte della madre di Wells; aveva osservato il suo migliore amico aggirarsi per la stazione spaziale con le spalle curve, come oppresso da un enorme fardello invisibile. Per lei era diverso: si sentiva svuotata, inerte, prosciugata di ogni emozione. L’unica cosa che le rammentava di essere ancora viva era la mano rassicurante di Luke sulla sua.
La cabina era gremita di gente. I sedili erano tutti occupati, ma c’erano anche uomini, donne e bambini in piedi, accalcati in ogni centimetro quadrato di spazio. Si aggrappavano gli uni agli altri per sostenersi anche se nessuno rischiava di cadere, tanto erano stretti, una massa ondeggiante di corpi e lacrime silenziose. Qualcuno sussurrava il nome delle persone lasciate sulla Colonia, altri scuotevano la testa disperati, incapaci di accettare il fatto di aver detto addio ai propri cari.
L’unica persona che non sembrava in preda al panico era l’uomo seduto alla destra di Glass, il Vice Cancelliere Rhodes. Teneva lo sguardo fisso avanti a sé, ignaro o forse incurante delle espressioni stravolte degli altri. Per un istante il dolore di Glass fu soppiantato da un impeto d’indignazione. Il padre di Wells, il Cancelliere, avrebbe fatto di tutto per dare conforto alle persone che gli stavano attorno. Del resto non avrebbe nemmeno accettato di salire sull’ultima navicella. Tuttavia Glass non era nella posizione ideale per giudicare. Era riuscita a imbarcarsi grazie a Rhodes, che aveva portato lei e sua madre a bordo avvalendosi della propria autorità.
Un scossone la inchiodò alla poltrona, poi la navicella sbandò di quasi quarantacinque gradi prima di tornare a stabilizzarsi con una picchiata da voltastomaco. Gli strilli di un bambino sovrastarono il coro di mormorii sgomenti. Alcuni passeggeri gridarono quando la struttura di metallo cominciò a deformarsi, come stretta nel pugno di un gigante. Nella cabina echeggiò uno stridio assordante e prolungato che soffocò le grida e i singhiozzi terrorizzati.
Glass strinse da una parte il bracciolo del sedile e dall’altra la mano di Luke, preparandosi all’ondata di panico. Che, tuttavia, non arrivò. Sapeva di dover avere paura, ma gli eventi degli ultimi giorni l’avevano come stordita. Era stato già abbastanza difficile vedere la sua casa andare in pezzi mentre la Colonia esauriva rapidamente l’ossigeno; ancora più difficile affrontare una folle passeggiata nello spazio non autorizzata per andare dalla Walden alla Fenice, dove c’era ancora aria respirabile. Eppure le era sembrato che il gioco valesse la candela, allora, quando lei, sua madre e Luke erano riusciti a raggiungere la navicella. Invece adesso non le importava più di arrivare sulla Terra. Meglio finirla subito che doversi svegliare ogni mattina e ricordare che la mamma era morta.
Con la coda dell’occhio vide Luke con lo sguardo dritto avanti a sé, il volto una maschera granitica di risolutezza. Stava cercando di mostrarsi coraggioso per lei? O l’addestramento militare gli aveva insegnato a mantenere la calma in circostanze estreme? Lui meritava di meglio. Dopo tutto quello che lei gli aveva fatto passare, era così che sarebbe andata a finire? Erano sfuggiti a morte certa sulla Colonia soltanto per ritrovarsi scagliati verso una fine diversa, ma pur sempre terribile? Secondo i calcoli degli scienziati, gli umani avrebbero dovuto aspettare almeno un altro secolo prima di tornare sulla Terra, in modo da essere sicuri che le radiazioni dovute al Cataclisma si fossero ormai ridotte drasticamente. Il loro era quindi un ritorno prematuro, un esodo disperato con esito incerto.
Glass girò la testa verso la fila di oblò della navicella, oltre i quali sfrecciavano le nuvole grigie.
Ebbe appena il tempo di pensare che era uno spettacolo bellissimo, quando all’improvviso gli oblò implosero in una miriade di frammenti di vetro e metallo bruciato che volarono nella cabina. Lingue di fuoco guizzarono all’interno. Le persone più vicine agli oblò cercarono di abbassarsi e allontanarsi, ma non c’era spazio per muoversi. Si piegarono quindi all’indietro, franando su quelli che avevano alle spalle. Esalazioni di metallo arroventato penetrarono nelle narici di Glass, insieme a un altro odore che le indusse un conato di vomito… Con orrore crescente si rese conto che era il lezzo di carne bruciata.
Opponendosi alla spinta della velocità che la inchiodava al sedile, Glass riuscì a girare la testa per guardare Luke. Per un istante non sentì più le grida, i pianti, gli schianti metallici; non rammentò più l’ultimo respiro esalato dalla madre. Vedeva soltanto il viso di Luke, la sua mascella volitiva, il profilo perfetto che, notte dopo notte, aveva sognato nei lunghi mesi di Confinamento, dov’era stata rinchiusa in attesa di essere giustiziata il giorno del suo diciottesimo compleanno.
Lo stridio assordante della lamiera che si squarciava la riportò di colpo alla realtà. Le riverberò nelle orecchie, nella mascella, nelle ossa, fino alle viscere. Strinse i denti. Inorridita e impotente, vide il tetto della cabina strapparsi e volare via quasi fosse un brandello di stoffa.
Glass si costrinse a guardare di nuovo Luke, che nel frattempo aveva chiuso gli occhi, ma le stringeva la mano con rinnovato vigore.
«Ti amo» gli disse, e le sue parole furono inghiottite dalle urla degli altri passeggeri. Poi, con un improvviso boato da far tremare le ossa, la navicella si schiantò sulla Terra e tutto si oscurò.

Valutazioni e recensioni

Mark1691
Recensioni: 4/5
Affascinante

Continua a tenere sulle spine tutti i lettori precedenti, continuano i colpi di scena non troppo scontati, e si approfondiscono i sentimenti e i pensieri dei protagonisti, ottimo lavoro

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Maurizio Guernieri
Recensioni: 1/5

Scontata soap opera in un contesto pseudo fantascientifico narrata in modo prevedibile e scritta senza particolare brillantezza. Accettabile l'idea dei 100, ma già ampiamente sfruttata in ambito fiction e fumetti. Banali e scontati i "colpi di scena". Pessimo.

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Recensioni

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Recensioni: 3/5
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Kass Morgan

si è laureata alla Brown University e ha ottenuto un master a Oxford. Lavora come editor e vive a Brooklyn. Il suo account su Twitter è @kassmorganbooks.The 100. Homecoming è il suo terzo romanzo, dopo The 100 e The 100 Day 21, diventati una serie TV di successo.

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