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Makoto, è una studentessa delle superiori. Un giorno scopre di poter tornare indietro nel tempo: se infatti compie un balzo abbastanza lungo, si può ritrovare in un momento che decide lei. La ragazza usa, però, questo dono solo per risolvere problemi superficiali della vita di tutti i giorni. Inoltre come le aveva già avvisata sua zia, Makoto scopre che ogni sua azione influisce sugli altri. La ragazza vede anche un numero sul suo braccio: questo numero indica quanti salti nel tempo sono ancora possibili. Riuscirà a far andare le cose come vorrebbe lei senza influenzare la vita degli altri?
Scoperto quasi per caso, si è rivelato un film sensazionale. All'inizio appare leggero, scorrevole e un cartone come gli altri, ma poi si svela per quello che è: un film profondo, sull'importanza di vivere al meglio le occasioni che ci si presentano davanti perchè una volta passato il treno, difficilmente torna indietro per noi. Un film sul rispetto e sul prendersi le responsabilità delle proprie azioni perchè scappando da esse possiamo recare danni ad altri, anche senza volerlo. Ed è proprio quello che impara, a sue spese, la protagonista, prima frivola e pronta a "saltare" indietro nel tempo per sciocchezze come il karaoke troppo corto o per evitare figuracce e brutti voti, ma che poi capisce il valore del suo dono (anche se ormai quasi troppo tardi) e deve affrontare le conseguenze dei suoi salti nel tempo. Davvero profondo.
‘La ragazza che saltava nel tempo’ si può considerare il primo film indipendente di Mamoru Hosoda, in quanto prima del 2006 aveva lavorato solo in opere altrui, e suo primo capolavoro. Il film è tratto dal romanzo ‘Toki o Kakeru Sh?jo’, scritto nel 1967 da Yasukata Tsutsui, e si presenta come suo sequel. È la storia di Makoto Konno, una liceale che, in seguito ad un evento ignoto, si ritrova con l’abilità di poter tornare indietro nel tempo. Proprio come dice il titolo, per tornare indietro deve compiere un grande salto. Il primo salto non sarà proprio piacevole, ma la renderà consapevole della sua anormalità. Con il passare dei giorni, non fa altro che divertirsi, finché non combina dei casini. La trama ricorda un romanzo, diviso in tre atti, con tanto di svolte e punto di non ritorno. La prima cosa che mi è venuta in mente dopo essermelo visto è stato: “la trama si regge in piedi da sola”. I personaggi sono ben caratterizzati, e gli stereotipi sono presenti solo per delle gag. La protagonista è molto vivace e sorridente, eccentrica e spensierata, tanto che viene naturale immedesimarsi in lei. Ma, alla fine, anche una persona come lei dovrà fare i conti con le sue scelte. Le animazioni sono tipiche delle opere di Hosoda: tratti semplici e non ricalcati, per niente plastificati (come la maggior parte degli anime degli ultimi anni), il tutto per dare più peso alla storia. Il doppiaggio direi che è mediocre: se da una parte abbiamo un doppiaggio praticamente perfetto per i personaggi principali, i personaggi secondari sembra che il loro cibo tradizionale sia la cassoeula. Purtroppo non è raro che la Kaze doppi personaggi in milanese… Nonostante io sia un tipo che si distrae facilmente, per 98 minuti sono rimasto con il muso incollato allo schermo. Fino a che non mi scese una lacrima.
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