L’argomento è tutto sommato convenzionale , cioè il classico triangolo amoroso, ma Nabokov ha saputo dare una impronta personale molto incisiva. I personaggi, e non solo i tre protagonisti , assumono un doppio ruolo nell’azione : ruolo esterno o mimetico, ruolo interno o autoreferenziale. Ma anche nella narrazione si possono individuare più livelli narrativi : uno naturalmente letterario, uno metaletterario e uno simbolico. Quello letterario è chiaro naturalmente, quello meta letterario si basa su più elementi che man mano che leggevo mi facevano sorridere di piacere. Esempio ne è l’omicidio tramato da Martha che, come un Nabokov in gonnella, elabora una trama da scrittore; l’apparizione della coppia dei Nabokov stessi, quasi come mediatori autoriali alla Hitchcock ; il titolo del romanzo che coincide con il titolo del testo teatrale rappresentato e via così. Interessante è anche la caratterizzazione dei personaggi : non si sa nulla del loro passato ma essi sono proiettati verso il presente e soprattutto il futuro; Franz non soffre solamente di una miopia fisica ma anche mentale tale da non vedere le insidie che gli si parano davanti. Martha è un essere freddo e tutto sommato volgare. Il solo forse che riscuote una qualche simpatia è Dreyer , di cui si apprezza l’istinto creativo che ne fa un artista mancato. L’amore descritto è ossessivo, conturbante, spesso sensuale come può essere un amore proibito.!! Stile perfetto, attenzione ai dettagli, descrizione di una realtà, resa chiara, dalla rifrazione e dal riverbero di mille particolari.
Re, donna, fante
Come un organismo che guizza e respira, questo romanzo nato due volte nell’universo creativo di Nabokov – all’origine in russo e quarant’anni dopo in inglese – vive nell’occhio che coglie il gesto più remoto e più preciso dell’esperienza comune, quello che infallibilmente colpirà il segno e accenderà la «scintilla sensoriale». Il naturalista incantatore si concentra sul dettaglio, lo isola, lo disperde, lo rifrange e con noncuranza ci restituisce una realtà chiara e non più revocabile. In una Berlino immaginaria, riflessa nelle vetrine, nelle pozzanghere, nelle lenti degli occhiali e negli specchi – quelli che riverberano un’identità molteplice e quelli che ingigantiscono e deformano i tratti –, Nabokov seziona e riassume tre figure e tre gradi della coscienza, tre stadi della percezione di sé e degli altri: dal malessere profondo e ottundente alla gretta volgarità con il suo lessico primitivo, fino a un intreccio più sottile di aspettative e delusioni. Giocando con le visite a sorpresa di amanti e di mariti, con il trompe-l’œil di falsi sbocchi e interpretazioni, con manichini semoventi e incidenti automobilistici, Nabokov ci descrive la bellezza vuota e rapace di una donna fredda, l’estasi labile e sgomenta di chi l’ammira, la felice astrazione di chi guarda e non vede. "Re, donna, fante" è apparso dapprima in russo nel 1928 e poi in inglese nel 1968.
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