Quello che pensa Bianconi lo conosciamo bene dai testi delle sue canzoni. E' un romanzo inutile. Non scritto male ma inutile.
Il regno animale
A Milano piove di una pioggia ininterrotta. I ragazzini spacciano la coca a Quarto Oggiaro e i ricchi la fumano nelle feste in casa, sciolta in forma di free-base. Barboni e tossici brancolano come zombie, e negli aperitivi alla moda qualsiasi cosa è "carina" e "interessante". Alberto è arrivato dalla provincia attirato da un'inserzione che promette un lavoro. Vorrebbe scrivere, o almeno fare una vita avventurosa da giornalista. Sogna un futuro e ha problemi di erezione. Esce con Susi, bella e magra come la bassista di una band inglese, il corpo pieno di piccoli tagli. Carlo invece è rimasto in paese: da bambino con Alberto pescava le rane, coraggioso come un eroe, adesso è ingrassato e passa le giornate al bancone del bar ubriaco di Fernet. Alberto scopre il mondo, e gli fa piuttosto schifo. Tutto gli sembra irrimediabilmente contaminato, corrotto: il lavoro, la musica, il sesso. A volte si sente invadere da un'ondata di tristezza stranamente accogliente. Lo terrorizza, su tutte, un'idea: "Ho paura di morire e avere vissuto senza essere servito a nessuno. Certe volte immagino il mondo che osserva il mio corpo senza vita: lo osserva un secondo, poi guarda l'orologio e tira avanti". Questa è la storia di un ragazzo, di una generazione, di un trancio di società occidentale. Il primo romanzo di Francesco Bianconi è una sorpresa e una conferma. Il leader dei Baustelle, acclamato poeta della canzone, esordisce con un'opera potente e originale, un inno al nostro tempo. Non ha paura di insozzarsi le mani con quanto di meno nobile, di più animale, si muove nelle viscere di questa società, e del suo animo. Ecco perché questo romanzo, poetico e sociale, riesce a essere anche così spietatamente emozionante.
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LAURA MASSERA 15 maggio 2014
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La società dell’arrivismo, del consumismo, del precariato sono i temi dominanti del primo romanzo del leader dei Baustelle, Francesco Bianconi, acclamato poeta italiano, che vanta la pubblicazione di cinque album di successo che gli hanno permesso di entrare a far parte della cerchia dei grandi autori pop contemporanei più stimati in assoluto. Un romanzo che già dal titolo si mostra cinico e spietato. Il regno animale, un regno in cui noi oggigiorno viviamo. Alberto, il protagonista di questo romanzo, è un giornalista che parte da Montepulciano in provincia di Siena, e si dirige a Milano in cerca di lavoro. Ma si rende conto che la grande “City” non è tutta rosa e fiori come l’aveva immaginata. Trova un’assunzione precaria in una piccola testata, che gli permetterà di guadagnare mille euro al mese, giusto lo stretto indispensabile per potersi mantenere alla pensione “Alba” e potersi concedere un drink il sabato. E’ grazie al giornalismo che conosce la società che si nasconde dietro le grinfie della capitale della moda. Una società corrotta, marcia. Onorevoli a luci rosse, sedicenni che spacciano, prostituzione d’alto borgo, compromessi lavorativi, delitti imperfetti e tanto altro. Alberto, che tra un’esperienza sessuale e l’altra, rimane basito dalla società in cui vive, decide di accettare l’incarico offertogli dal direttore di “Panorama”. Un’inchiesta sulla droga a Milano. Ed è così che si aggira tra le vie della città, le più provinciali, alla ricerca di sniffatori, prostitute, ballerine “hard”, mendicanti ecc. Storie raccontate da vari punti di vista. Grida di aiuto provenienti da vari membri della società milanese. Tra un’inchiesta e l’altra, conosce Ilaria, di cui si innamora e con la quale decide di condividere tutto. Le vicende del padre, dei nitidi ricordi di un fanciullino che andava a caccia con il suo babbo. La tragica fine di un uomo che in seguito ad un ictus rimane paralizzato e pochi mesi dopo muore. Flashback dei vecchi amici di Montepulciano, dai quali si è allontanato da anni e che non hanno trovato realizzazione di alcun tipo nella loro vita. Gli amici di Ilaria, tra i quali Carlo Antonelli, direttore di “Rolling Stone”, magazine per il quale il protagonista sognava di scrivere fin da ragazzino, con il quale istaura un rapporto di amicizia, che decide di scritturarlo. E’ da qui che le vicende si snodano ed Alberto entra a far parte dell’alta borghesia milanese. Incontra attori, registi, cantanti, realmente esistenti. Partecipa al Festival del cinema di Venezia, dove si trova al cospetto di Quentin Tarantino, Violante Placido, Sabrina Impacciatore, Alessandro Preziosi, Lapo Elkann, lo stesso Francesco Bianconi. L’evento però ha un tragico finale, dovuto all’insurrezione a sorpresa di due rapinatori che armati, feriscono e uccidono molti dei presenti, quasi tutti volti noti. Un finale a sorpresa per confermare la società spietata e malefica in cui viviamo. Il totale disinteresse verso il protagonista che fingendosi moribondo nel centro di Piazza Duca D’Aosta, non trova compassione in nessuno, dai semplici passanti ai poliziotti, dagli adolescenti extracomunitari ai proprietari degli esercizi vicini al luogo in cui Alberto si trova. Un romanzo di formazione, dove il protagonista parte del nulla e si forma culturalmente e professionalmente, passando dallo “sfigato” neolaureato in lettere con 110 e lode ed in cerca di lavoro, a giornalista di Rolling Stone. Un’opera moderna, che descrive perfettamente la società occidentale di oggi, che ha abolito qualsiasi forma di collettivismo, a favore di un individualismo che non è più l’individuo cosmopolita illuminista, bensì un individuo egoista, arrivista e presuntuoso a cui interessa il lavoro, il sesso, le donne e la realizzazione personale. E’ il romanzo dell’oggi dunque, che si rifà sicuramente a “La vita agra” di Luciano Bianciardi, il quale narrava l’inettitudine e il menefreghismo della società del dopoguerra, che ha vissuto con superbia il boom economico, il progresso tecnologico, a sfavore del senso civico e morale.
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