I ricettari di Federico II. Dal «Meridionale» al «Liber de coquina»
Alla corte poliedrica di Federico II, centro politico e culturale del Regno e dell’Impero, fiorisce tra il 1230 e il 1250 una prestigiosa cultura culinaria, fastosa ed eclettica, destinata a diventare il primo nucleo della cucina italiana. Lo dimostra l’esame comparativo del Liber de coquina e dei ricettari imparentati: la raccolta Meridionale, la traduzione del Toscano e il trattato latino della Biblioteca Vaticana pubblicato qui per la prima volta insieme agli altri testi. Da essi emerge una solida tradizione gastronomica ben radicata nel territorio, intrisa di influssi arabi trasformati dalla mediazione normanno-sveva e aperta a suggerimenti nazionali e internazionali: ai prestigiosi piatti di carne e di pesce si contrappongono ricercate preparazioni di verdura, mentre si registra la prima affermazione delle paste alimentari, dei ravioli e delle torte ripiene. Attraverso documenti e testimonianze diverse si ricostruisce il rapporto ambivalente dell’imperatore con il cibo, tra rivalutazione epicurea dei piaceri conviviali e preoccupazioni salutistiche; e se la sperimentazione gastronomica che culmina nel Meridionale ben si inquadra nella cornice festosa del banchetto accanto al fiorire della poesia siciliana, il Liber de coquina si presenta come un rigoroso trattato scientifico, suddiviso in capitoli sul modello delle opere dietetiche. La Toscana, erede dell’esperienza poetica in volgare, accoglie con entusiasmo la sontuosa cucina sveva e – parafrasando Dante – si può affermare che intorno al 1300 tutto quello che gli italiani mangiavano era ‘siciliano’.
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Anno edizione:2005
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