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Anno edizione: 2017
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«I cambiamenti scavano la fossa al vecchio mondo in modo che il suo crollo sia spesso molto silenzioso. È cosí che cambiano gli uomini – una smorfia, uno scatto di nervi, una parola al posto di un'altra parola –, è cosí che da un momento all'altro non siamo piú noi stessi.»
La città è Bari. Il momento, gli anni Ottanta. Il denaro corre veloce per le vene del Paese. I tre adolescenti che si aggirano per le strade di questo libro hanno in corpo una sana rabbia, avvelenata dal benessere e dalla nuova smania dei padri. Si azzuffano e si attraggono come gatti selvatici, facendo di ogni cosa – la musica, le ragazze, le giornate – un contorto esercizio di combattimento. Ma negli angoli dei quartieri periferici li aspetta il lato in ombra di quel tempo che luccica: qualcosa che li costringerà a mettere in discussione le loro famiglie, i loro sentimenti, e perfino se stessi. Ci metteranno vent'anni per venirne a capo.
L'ho comprato indecisa. Sbagliato, mai avrei dovuto. Mi sono davvero arrabbiata. Un libro davvero davvero mediocre. Piace ai giornalisti perché le semplificazioni e le categorie sono utili. Presuntuoso e pretestuoso. Si riconosce ovunque lo scrittore. Non c'è vita. Ancora questa formazione dell'adolescente che ci racconta che ha capito tutto e guarda gli altri con disprezzo. Il disprezzo dello scrittore appunto. Quello che mi indigna di più sono le donne (e non capiscono le scrittrici che lo difendono, per il suo ruolo di editor probabilmente, quelle che da lui aspettano il romanzo del secolo, non hanno ancora capito che questo non ama le donne, se non giovani e belle, certo meglio se intelligenti, ma a suo uso e consumo, lo decide lui, giudice insindacabile. Eppur vero che di solito queste donne odiano le donne e solidarizzano, compagnone con questo tipo di uomini) Ecco, proprio le donne qui sono o giovani e belle adolescenti dalla pelle lattiginosa e si chiamano Giulia, o la madre sempre un po' scusata in quanto madre, ma piccolo borghese, rivelata dagli occhi del giovincello, o c'è, ovviamente, l'arrampicatrice sociale con un nome, secondo il giudizio di Paride (sempre lo scrittore Nicola), nome giudicativo (e giudicato) attaccata al denaro, nome anni settanta per una ventiseienne? negli anni 80? Il giusto sembra essere solo lo scrittore che scrive appunto e che ci dimostra pure che sa fare pure la bella frase ad effetto. Con Nicola Lagioia non abbiamo proiprio Truman Capote qui che sapeva sì come si distruggeva il sistema da dentro, era anche lui uomo da salotto, ma poi distruggeva pure se stesso. Un cordialissimo saluto e ringraziamento per l'opportunità che la redazione dà ai lettori di difendersi.
Che libro inutile. Durante la lettura, che avrei voluto abbandonare in più di un'occasione, mi sono domandato parecchie volte perché vengono scritti questi libri. In più molte volte dovevo rileggere intere pagine perché ero convinto di essermi perso qualcosa d'importante. Libro che non merita.
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