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Un grande saggio giornalistico da leggere assolutamente. consigliato.
Il saggio di Hobsbawm deve la sua grande notorietà alla felice intuizione del titolo. Si tratta comunque di un capolavoro della saggistica. Non è propriamente un manuale di storia. E’ un grande “affresco” scritto, a mio avviso, con uno stile giornalistico. Nel senso che sembra un immenso articolo che descrive il Novecento in modo erudito ma, contemporaneamente, discorsivo. Questo rende la lettura piacevole e scorrevole ma, attenzione!, allo stesso tempo richiede una buona conoscenza dei fatti e delle situazioni per essere pienamente compresa. L’autore distribuisce spunti storici ed economico-politici, collegamenti artistici e culturali, escursioni temporali, paragoni geopolitici, ma ovviamente dà per scontato che il lettore sappia di ciò di cui si parla. Il punto di osservazione è evidentemente influenzato dalle opinioni dell'autore, ma nello stesso tempo è quello di uno storico che osserva i fatti descritti con uno sguardo ampio e "dall'alto". Mirabile, a questo proposito, la descrizione dei cosiddetti "anni di piombo" italiani, che oggettivamente hanno un'influenza nulla sul corso della storia, al di la' delle terribili sofferenze delle vittime e dei loro familiari. Il “secolo breve” è una denominazione efficacissima. Il Novecento si caratterizza, infatti, per un concentrato di eventi “da brividi”. La distinzione tra la prima fase (1918-1945) e la seconda (1945-1991) è più apparente che reale. Si tratta di due facce della stessa medaglia, quella del dominio delle grandi ideologie nella storia umana. Così com’è del tutto superata (e ciò è ormai riconosciuto da quasi tutti gli storici) la distinzione tra prima e seconda guerra mondiale. Si tratta in realtà di un unico gigantesco conflitto planetario, in cui il ventennio tra il 1918 e il 1938 non è stato altro che un periodo transitorio volto a preparare una distruzione ancora più terribile di quella condotta, in modo quasi incosciente, forse persino idiota, nel corso della cosiddetta Grande Guerra. Il “secolo breve” ormai è alle nostre spalle, ma se apriamo la finestra di casa e lo scrutiamo come se osservassimo un paesaggio, vedremmo ancora nitide le contraddittorie immagini di dolore e felicità, sentiremmo ancora vividi gli odori di morte e di festa, udiremmo ancora distintamente le urla di strazio e i canti di gioia. Osservare il “secolo breve” provoca un lancinante senso di sgomento. Non saprei se questa emozione è più forte quando si considera l’età della catastrofe (1914-1945), sicuramente gli anni più bui dell’intera storia dell’umanità: il solo pensare che i nostri nonni, ossia persone ancora vive nella nostra mente e nei nostri cuori possano aver vissuto una tal epoca fa star male. Oppure se il senso di sgomento è persino più intenso quando si considera l’età dell’oro (1945-1991), ossia gli anni del boom economico e quindi della diffusione del benessere e della democrazia, almeno nel mondo occidentale e in Italia: il solo pensare che i nostri figli probabilmente non potranno più avere un’epoca di pace e benessere come questa appena trascorsa produce angoscia. La speranza, a ogni buon conto, è una virtù che non possiamo che coltivare. Come dice Leo Valiani (citato da Hobsbawm all’inizio del libro) “il Novecento prova che la vittoria degli ideali di giustizia e uguaglianza è sempre effimera, ma, se si riesce a salvaguardare la libertà, si può, tuttavia, ricominciare da capo … non bisogna disperare, neppure nelle situazioni più disperate.”
Il saggio di Hobsbawm deve la sua grande notorietà alla felice intuizione del titolo. Si tratta comunque di un capolavoro della saggistica. Non è propriamente un manuale di storia. E’ un grande “affresco” scritto, a mio avviso, con uno stile giornalistico. Nel senso che sembra un immenso articolo che descrive il Novecento in modo erudito ma, contemporaneamente, discorsivo. Questo rende la lettura piacevole e scorrevole ma, attenzione! allo stesso tempo richiede una buona conoscenza dei fatti e delle situazioni per essere pienamente compresa. L’autore distribuisce spunti storici ed economico-politici, collegamenti artistici e culturali, escursioni temporali, paragoni geopolitici, ma ovviamente dà per scontato che il lettore sappia di ciò di cui si parla. Il punto di osservazione è evidentemente influenzato dalle opinioni dell'autore, ma nello stesso tempo è quello di uno storico che osserva i fatti descritti con uno sguardo ampio e "dall'alto". Mirabile, a questo proposito, la descrizione dei cosiddetti "anni di piombo" italiani, che oggettivamente hanno un'influenza nulla sul corso della storia, al di la' delle terribili sofferenze delle vittime e dei loro familiari.
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