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Il libro, pubblicato da Einaudi, è stato scritto dall’autore al suo ritorno dai campi di concentramento nazisti, nel 1953. La sua travagliata esperienza bellica (caporalmaggiore in Francia, poi in Albania, sergente in Grecia, ben due spedizioni in Russia e successiva deportazione nei campi della Prussia orientale) ne caratterizza certamente lo stile. Non è difficile, infatti, pensare che la produzione letteraria dello scrittore nasca più come un desiderio di scaricare le proprie emozioni su carta che di ottenerne dei vantaggi economici, allo stesso modo di molti altri reduci. Il testo, con questa sua speciale caratteristica, colpisce immediatamente l’immaginario del pubblico per la sua semplicità, spesso scioccante, disarmante, poiché pone immediatamente dinanzi agli occhi quella che è la realtà della guerra, dietro ogni finzione cinematografica e/o propagandistica. Il risultato è uno spaccato della vita militare dei soldati italiani ormai in rotta, visto attraverso lo sguardo di un superstite. Il lettore, però, assiste passivo agli eventi, che si susseguono come le rapide sequenze di un film, spesso estraniato da un linguaggio scostante perché dialettale, o ancora perché ricco di termini propri di un lessico intimo dei protagonisti. L’autore inoltre alterna momenti in cui illustra il paesaggio, altri in cui narra le situazioni, descrive i personaggi, e i propri stati d’animo, ed è appunto con questi ultimi passaggi che per il lettore si apre una porta sulla mente di Mario Rigoni, sergentemaggiore del 6° reggimento alpini, battaglione Vestone. Certamente il libro è una ricchezza unica, data la pluralità di messaggi e di informazioni in esso contenuti, e non si può negare che sia di una facile lettura e comprensione. Consigliato per tutti, e in particolar modo agli adolescenti.
Ogni libro di Mario Rigoni Stern è un libro da comprare e da leggere ma "Il sergente della neve" è un capolavoro assoluto della Letteratura. Mario Rigoni Stern, sottufficiale della Tridentina, reduce della campagna di Russia, 1941/43, in un racconto che se pure esalta le sofferenze, gli stenti, l'immane fatica sopportata da tantissimi giovani mandati in un assurda guerra, riesce a non farci mai disperare e ad infondere, a noi come ai suoi commilitoni di allora, la speranza e la certezza che da qualche parte c'è una casa che ci aspetta.
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