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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
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Vincitore del Premio Strega Giovani 2021 - Finalista al Premio Strega 2021 - Vincitore della 92/a edizione del Premio Viareggio-Rèpaci Sezione Narrativa
«Un racconto da leggere fino all'ultima pagina di storia, di vita, di amore» - Furio Colombo, il Fatto Quotidiano
«Ne Il pane perduto, attraverso gli occhi di una tredicenne, è come se scoprissimo la Shoah per la prima volta. Di più: è come se fossimo presenti, come se fossimo quella bambina» - Daria Bignardi, Vanity fair
«Edith è una scrittrice straordinaria. Intensa come poche» - Antonio Gnoli, la Repubblica
"Racconta, non ci crederanno, racconta, se sopravvivi, anche per noi"
Per non dimenticare e per non far dimenticare, Edith Bruck, a sessant'anni dal suo primo libro, sorvola sulle ali della memoria eterna i propri passi, scalza e felice con poco come durante l'infanzia, con zoccoli di legno per le quattro stagioni, sul suolo della Polonia di Auschwitz e nella Germania seminata di campi di concentramento. Miracolosamente sopravvissuta con il sostegno della sorella più grande Judit, ricomincia l'odissea. Il tentativo di vivere, ma dove, come, con chi? Dietro di sé vite bruciate, comprese quelle dei genitori, davanti a sé macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, l'accoglienza e l'ascolto pari a zero, e decide di fuggire verso un altrove. Che fare con la propria salvezza? Bruck racconta la sensazione di estraneità rispetto ai suoi stessi familiari che non hanno fatto esperienza del lager, il tentativo di insediarsi in Israele e lì di inventarsi una vita tutta nuova, le fughe, le tournée in giro per l'Europa al seguito di un corpo di ballo composto di esuli, l'approdo in Italia e la direzione di un centro estetico frequentato dalla "Roma bene" degli anni Cinquanta, infine l'incontro fondamentale con il compagno di una vita, il poeta e regista Nelo Risi, un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant'anni. Fino a giungere all'oggi, a una serie di riflessioni preziosissime sui pericoli dell'attuale ondata xenofoba, e a una spiazzante lettera finale a Dio, in cui Bruck mostra senza reticenze i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio ancora intatto di tramandare alle generazioni future un capitolo di storia del Novecento da raccontare ancora e ancora.
Proposto da Furio Colombo al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Il pane perduto" è un titolo bellissimo e crudele, che impone di soffermarsi sulla perdita dell'essenziale. Il pane è elemento reale e simbolico, risultato dell'amalgama di pochi indispensabili elementi tenuti insieme dal tempo e dall’attesa, che lo fanno crescere e lievitare. Perdere il pane significa perdere la vita prima della vita. L’irruzione dei nazisti in casa sua, con la madre che grida “Il pane, il pane!” è il momento in cui, per la protagonista, tutto cambia: la rassicurante monotonia quotidiana lascia il posto ad un incubo che renderà lei e sua sorella Judit prima genitori dei loro genitori e poi sopravvissute in cerca di identità. Edith Bruck, con uno stile a tratti asciutto – perché non sono le lacrime a sostanziare il dolore – esprime il senso di estraneità che i campi di concentramento le hanno tatuato addosso insieme al n. 11152, lasciandole una vita orfana, all’improvviso immensa e inattesa, piena di macerie. E lei fa fatica a trovare il suo posto in un mondo poco incline all’ascolto e che fa ancora dell’odio la sua bandiera. Edith Bruck vaga nel mondo e dentro di sé, fino a fermarsi per dedicare, anni dopo, una struggente Lettera a Dio, in cui si mette a nudo. A Dio chiede di non sottrarle quel pane perduto che, ora lo sa, è la memoria.
La preziosa testimonianza autobiografica dell'autrice, ebrea ungherese, ultima di sei figli, che vede interrompersi improvvisamente la sua vita di ragazzina spensierata e protetta dalla mamma per essere deportata ad Auschwitz e altri campi di concentramento insieme alla sua famiglia. I genitori non faranno mai ritorno. Nel 1945 sarà liberata e cercherà di tornare alla vita dopo la shoah, ma non sarà così semplice o scontato come si potrebbe pensare.. la sua sarà una vita dura, fatta di stenti, per cercare e trovare il suo posto nel mondo, in un mondo in cui si cerca di dimenticare gli orrori della guerra e della shoah come se non fossero mai esistiti.. Edith Bruck a 90 anni, ormai quasi cieca riesce a dettare la sua storia e continua ad andare nelle scuole per testimoniare, per non dimenticare mai...
Scrittura scorrevole e autentica. Si riesce a cogliere lo stato d'animo dell'autrice. Nonostante questo non me la sento di dare più di 3 stelle. Forse l'ho letto in un momento sbagliato.
Recensioni
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