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Valerio Valeri ha rappresentato uno dei punti più alti e significativi del pensiero antropologico contemporaneo. Italiano, affetto da «una profonda attrazione e repulsione per l'esotico», situato per nascita e cultura «ai confini tra quanti creano l'antropologia e quanti ne sono creati», aveva scelto la sua disciplina sulla base di un profondo bisogno filosofico. La carriera dell'antropologo gli era sembrata anzi «la logica conseguenza della filosofia moderna». Se l'unità e il senso del mondo, secondo l'insegnamento di Kant, poggiano sull'uomo, se è l'uomo a costituirne il fondamento e il soggetto, si trattava di rendere più chiara la natura collettiva e condivisa di questa soggettività trascendentale, applicando il principio dell'identità non a un Io universale, ma all'Io di una cultura, di un gruppo particolare. La «morte della filosofia speculativa» aveva insomma comportato per la generazione di Valeri - quella del Sessantotto e dintorni - un bisogno pressante di contatto con la realtà: «volevamo fare ancora i filosofi, ma solo nella nostra lotta metodologica con la concretezza dell'attività umana». In controtendenza rispetto alla gran parte della sua generazione, però, Valeri non si concentrò sullo studio delle moderne società capitalistiche. Come racconta nel saggio di apertura di questo volume, che è anche uno straordinario esempio di autobiografia intellettuale, la sua vocazione lo portava a dare più importanza alla periferia che al centro, «agli attori marginali più che a quelli centrali». Fu così che Valeri si trasferì in America e da lì si mise al lavoro. Ne nacque una pratica di ricerca sul campo che si applicò soprattutto agli studi sulla popolazione Huaulu, in un'isola del Pacifico, e che gli consentì di ripercorrere con risultati profondamente innovativi i temi classici del pensiero antropologico: il tabù, il sacrificio, la sacralità, la regalità, il rito.In bilico tra esperienza e teoria, stimolata da un continuo confronto critico con i grandi modelli di Lévi-Strauss e di Dumont, la ricerca di Valeri si muove tra l'analisi delle interconnessioni che tengono insieme una società e il senso profondo delle lacerazioni e dei conflitti che la attraversano. E sono lacerazioni e conflitti che trovano la loro prima espressione problematica proprio nel soggetto chiamato a rappresentarli.
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