I primi tre romanzi di uno scrittore dimenticato finalmente sono stati riuniti assieme assieme in un solo volume. Sono tre romanzi sperimentali, ricchissimi dal punto di vista della lingua e pieni di significato. La trilogia della rabbia rappresenta le tre parti di un unicum: un romanzo, un’autobiografia, un pamphlet, o le tre cose insieme, sull’Italia del tempo a formare un'opera che non è facile classificare. Il periodo che va dalla pubblicazione del primo romanzo a quella dell’ultimo, costituisce il momento di massima trasformazione dell’Italia del Dopoguerra; un momento che, in virtù del cambiamento di mentalità, dei mutati modelli di comportamento e del sovvertimento dei più comuni valori sociali, si manifesta come un enorme e radicale rivoluzione antropologica. Bianciardi, in un'epoca che sembrava destinata solo a portare benefici, tra gli scrittori italiani, fu il più inflessibile ma anche il più fragile perché, una volta additati i mali, si ritirò dalla mischia, credendo di poterli risolvere semplicemente con l’ironia e l’eccentricità. Lo scrittore toscano non provò in nessun modo a fare gruppo, a cercare gli altri, se non le persone fragili quanto lui, perché in fondo, dopo un’infanzia tranquilla in provincia, non riuscì mai a riprendersi dal trauma provocato dalla constatazione della fine di un mondo, per di più acuito dalla permanenza nella grande metropoli che mal sopportava. Da ciò ne consegue che uno dei suoi aspetti più interessanti sia quella continuità tra l’opera, la moralità dell’autore e il suo conseguente comportamento privato, che fanno di lui un esemplare raro nel panorama della moderna letteratura italiana: vistosi isolato ed emarginato, la sua scelta obbligata fu la fuga e un processo di autodistruzione, segnato dall’alcol e dalla solitudine, che lo condusse, ancora giovane, alla morte. Ma la sua morte non può e non deve essere considerata solo come una sconfitta, piuttosto come un’ultima forma, titanica, di protesta e di ribellione.
Trilogia della rabbia: Il lavoro culturale-L'integrazione-La vita agra
La guerra è finita da poco e tutte le possibilità sembrano aperte per un ragazzo di provincia brillante e desideroso di dedicarsi al Lavoro culturale: il suo apprendistato è un vagabondaggio scapigliato fra cineclub e circoli culturali scalcagnati, dove si sviscerano problemi, si pongono istanze, si progettano saggi imprescindibili. Si creano, insomma, le basi per un futuro migliore. Ma per realizzarlo, quel futuro, tocca andare a costruirlo là dove tutto succede, dove le cose si fanno. Ecco quindi, nell’Integrazione, il provinciale giungere a Milano insieme al fratello. È il momento dell’incontro con la cultura che si fa industria, e con la sua tutt’altro che splendida realtà: riunioni, discussioni, nevrosi, “un lavorìo continuo, intorcinato, che sembra tornare sempre al punto di partenza”, rappresentazione plastica, spiega Francesco Piccolo, “della vita (sprecata) degli intellettuali”. E allora dell’entusiasmo iniziale non restano che frustrazione e risentimento, una delusione rabbiosa che si vorrebbe manifestare con un gesto distruttivo ed eclatante: un atto di ribellione vera, come quello progettato dall’io narrante della Vita agra, estremo tentativo di non rinunciare alla purezza dei propri ideali. Prefazione di Francesco Piccolo.
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Anno edizione:2022
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Ric 28 dicembre 2024Capolavori dimenticati
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MarcoT 04 maggio 2024Finalmente la vita agra!
Mi ero ripromesso da tempo di leggere Bianciardi ed è stato un piacere sottile quello di leggere questa "Trilogia della rabbia", dove la rabbia non è sottile, ma pervasiva ed espressa. C'è una vera magia nel percorso intellettuale e vitale dell'autore, che riesce a distanza di più di 60 anni a descrivere, quasi senza volerlo, anche l'Italia odierna. "Il lavoro culturale-L'integrazione-La vita agra" fanno un gran bene con la loro informalità, che combatte la logica di tanti romanzi ingessati che latitano sui contenuti e si ingolfano sulle forme.
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BrunoFx 27 giugno 2023Una fumigazione rabbiosa
La trilogia della rabbia è il racconto di un sogno e dello scontrarsi di questo con la durezza della vita reale. E’ la voce di un ragazzo curioso, che percepisce un qualcosa di molto piu’ grande che si trova li’ al nord. Lo stile ironico e bonario della scrittura e’ voluto per rappresentare la crescita del personaggio, la maturazione che avviene spesso attraverso esperienze anche amare. E’ lo scontro tra idealizzazione e realta’. Una maturazione accelerata dovuta alla situazione dura nella grande citta’, dove nessuno ti conosce per la tua appartenenza ad una famiglia ma sei uno dei tanti volti spaesati scesi da un treno proveniente da un posto lontano. Luciano, arriva a Milano, l’aspetto e’ duro, senza respiro, Milano e’ una citta’ che si risveglia ogni mattina con l’intento di fare e di conseguenza non e’ mai la stessa citta’ del giorno prima. E’ un cantiere sociale, e’ la Milano operaia, delle valigie di cartone. Luciano e’ un personaggio stretto tra un desiderio di fuga e un’endemica capacita’ di adattamento. Il sistema ti fa correre, ti seduce ma ti fiacca al tempo stesso. Disintegra le sue vittime e l’intellettuale e’ un ingranaggio del meccanismo, perche’ accetta il corso degli eventi ed accresce gli interessi della produttivita’. Bianciardi fa un reportage della mediazione tra il mondo provinciale e quello del prossimo boom economico metropolitano. Percepisce lo stress del fare a tutti i costi e attraverso questo resoconto tenta di rallentare il tempo, per indagare un’epoca che si muove e sfugge. Per comprenderla occorre frantumare schemi e sudditanza ideologica. Tutta la trilogia ruota attorno ad una grande disillusione, con quest’opera Bianciardi ha colto i vizi dell’omologazione, li ha scoperti in virtu’ del de profundis della provincia e degli inganni della metropoli. E’ un’unica e grandissima lezione di stile e disobbedienza.
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