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Anno edizione: 2013
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Mi era stato descritto come una copia del Werther, ma iniziando la lettura sono subito chiare le enormi differenze tematiche. Non fidarsi di chi lo bolla come un plagio e leggerlo con l'attenzione che merita.
Il libro più bello di Ugo Foscolo, non riuscire ad impersonificarsi con il protagonista e vivere le sue stesse emozioni
Spesso considerato il primo romanzo epistolare della letteratura italiana, ma non riesco a non pensare che si tratti di un'imitazione poco originale de " I dolori del giovane Werther" di Goethe. Sebbene Foscolo cerchi di adattare la trama e le tematiche al contesto italiano, il risultato è una pallida ombra del capolavoro tedesco. La struttura epistolare e il tema del giovane protagonista romantico e tormentato che si autodistrugge per un amore impossibile sembrano ricalcare pedissequamente quelli del romanzo di Goethe, ma Jacopo non riesce a suscitare la stessa profondità emotiva e complessità psicologica di Werther: mentre quest’ultimo appare come un personaggio universale, capace di incarnare il dolore esistenziale e la tensione verso l'assoluto, Jacopo si limita a essere un eroe retorico e stereotipato, intrappolato in una retorica patriottica a volte forzata e priva di reale intensità. Inoltre, il tono di Foscolo risulta spesso eccessivamente enfatico, rendendo difficile per il lettore empatizzare con il protagonista. Le riflessioni di Jacopo sull'amore, sulla patria e sulla morte mancano della spontaneità e del lirismo che rendono "I dolori del giovane Werther" così coinvolgente.Un altro punto debole è l'ambientazione. Foscolo tenta di inserire il dramma personale di Jacopo nel contesto storico-politico italiano, ma questo connubio risulta forzato e poco credibile. La disperazione di Jacopo, anziché apparire universale, è spesso limitata a un patriottismo declamatorio che suona artificioso e poco sincero. Goethe, al contrario, riesce a rendere l'angoscia di Werther una questione intima e universale, che trascende i confini nazionali. In definitiva, Le ultime lettere di Jacopo Ortis" non riesce a emanciparsi dall'ombra del suo modello tedesco. Pur essendo un'opera importante per la nascita del romanzo italiano, non possiede né l'originalità né la forza emotiva per reggere il confronto con "I dolori del giovane Werther" e l'ho trovato anche piuttosto noioso.
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