Victor Hugo che parla di Shakespeare. Ripeto, VICTOR HUGO CHE PARLA DI SHAKESPEARE. No aspettate, mi correggo: Victor Hugo che DOVREBBE parlare di Shakespeare. Ora, il caro signor Hugo secondo me in vita era una di queste due persone: o un logorroico che appena vede qualcuno gli vomita addosso fiumi di coscienza (ma immaginatevi la scena come con il meme che vomita arcobaleni, perchè il suo flusso di coscienza è roba bella), oppure un timidone che si tiene dentro le sue opinioni e poi le getta tutte nei suoi scritti, si veda ad esempio di ciò i suoi due capolavori, Notre-Dame de Paris che contiene un interessantissimo (se se) excursus sull'architettura parigina, e I miserabili, dove tutti aspettano con ansia e trepidazione il loro capitolo preferito, quello sulle fogne di Parigi. Ma riprendiamo il filo, non facciamo gli Hugo della situazione! Quindi, a quanto pare il nostro scrittore ha qualche difficoltà a restare in tema, e questa difficoltà raggiunge la sua testimonianza più alta in questo volume, intitolato William Shakespeare (anche in originale, ho controllato!), ma che io avrei più opportunamente chiamato "Sui geni del nostro mondo, e la loro importanza". Per farla breve, Hugo parla sì di Shakespeare, cioè ci prova, ci racconta la sua vita in soldoni, e poi via... parte per la tangenziale! Inizia a parlare di tutti quegli autori che per lui son da considerarsi dei geni, parla dell'importanza delle loro opere, poi si ricorda del titolo del saggio e tenta di fare qualche paragone (riuscitissimo eh!) fra Eschilo e il nostro Bardo, fra Prometeo e Amleto, poi si perde di nuovo e continua a divagare... il messaggio alla fine è chiaro: l'importanza che questi geni hanno avuto nell'evoluzione, nella crescita della società, il fatto che l'Amleto ci insegni più cose sulla vita di quanto lo farebbe lo studiare la successione dei Re in Francia, che un'opera del genere ci fa riflettere e crescere più di qualsiasi lezione di storia. La storia dell'uomo è in mano ai geni che hanno abitato il mondo. Ed è un pensiero bellissimo, che condivido con tutto il cuore, però non ho letto un saggio su Shakespeare. Sono soddisfatta comunque, a me piacciono gli sproloqui di Hugo, son comunque perle sparse da raccogliere, ma se cercavate solo un saggio su Shakespeare, ecco... questo non è il libro che fa per voi. P.S.: non ho voluto far gravare questo fatto sulle stelle date al volume, ma il libro è pieno zeppo di errori di scrittura. Va bene una svista, siamo umani, l'accetto, ma quando mi ritrovo pagine e pagine di errori/orrori inizio a pensare che l'editore non abbia nemmeno fatto una revisione sul testo. Poi però mi fa pagare 22 euro il libro. No comment.
Il saggio di Hugo intitolato a Shakespeare fu accolto dai contemporanei come l'ultimo grande manifesto del romanticismo, in cui si articolavano e trovavano conferma le tesi espresse nella celebre Prefazione al dramma Cromwell, pubblicata più di trent'anni prima. Oltre che una penetrante analisi su Shakespeare, il saggio costituisce un'opera filosofica e politica tramata di memorie personali, un trattato di estetica, una summa delle riflessioni sull'impegno letterario su cui lo scrittore francese non ha mai cessato di pronunciarsi.
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Anno edizione:2016
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