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Usando il vocabolario come una macchina per attraversare il tempo, Erri De Luca ci racconta attraverso i secoli il nodo irrimediabile che lega genitori e figli, tessendo con queste storie un intimo dialogo personale.
Da te, dovevo dirgli, da te ho preso e lasciato, restando figlio tuo, cranio da cranio, libri, vino e montagne.
«In queste pagine unisco», chiarisce De Luca nell'introduzione, «storie estreme di genitori e figli». La narrazione si rinsalda nelle radici della storia tramandata: si inizia da Isacco, naturalmente, dalla mancanza di legittima difesa contro il padre – la legatura di Isacco, in ebraico così ci si riferisce a quello che noi di solito chiamiamo «il sacrificio», perché quel nodo stretto fra lui e Abramo è irreparabile. Nodo che sembra potersi sciogliere solamente diventando a propria volta genitori, «passaggio che fa scordare e slega dallo stato di figlio». Come succederà a Chagall, dopo aver dipinto il ritratto del padre – struggente il racconto dell'opera in queste pagine –, e come invece non potrà fare la figlia del vecchio nazista, nel tentativo estremo di mettersi al riparo dal torto del soldato scegliendo di non procreare. E come non succederà a chi racconta, rimasto figlio – nelle orecchie ancora il suono della camicia lacerata del padre come atto di dolore, rumore «amplificato a squarcio», reazione al suo allontanamento da casa. Tuttavia proprio per ciò egli è il narratore ideale di queste storie: «Ne sono estraneo a metà: senza essere padre, sono rimasto necessariamente figlio. Non ho sperimentato la responsabilità, la protezione, la prova di educare. Non cambio comportamento con un giovane o un anziano. Da figlio li considero alla pari, dei contemporanei. Da lettore e da scrittore lo divento delle storie che ho davanti». In A grandezza naturale Erri De Luca attraversa, «per esempi e dal basso», con il suo sguardo personale, con la sensibilità esperta e soprattutto con la prosa essenziale e stratificata, il rapporto cardinale alle origini dell'umanità e di ogni storia che si voglia raccontare.
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“A grandezza naturale” di Erri De Luca. Scrivere è un'arte, ci sono capolavori che sono ostici alla lettura, ma la storia è così forte che sono considerati tali. De Luca invece è un narratore, conosce le parole e le sa usare, la sua scrittura è piacevole e anche se dopo tempo, non ricordo bene la trama di quel libro, mi rimane sempre impressa la sensazione che mi aveva regalato leggendolo. Quando penso a un incontro fortunato, penso a Erri De Luca. Sa descrivere tutto ciò che non è completamente svelato. “A grandezza naturale” è l’ultimo libro di Erri De Luca, un ibrido tra ricordi personali, saggio e racconti, totalmente incentrato sulla relazione tra genitori e figli. Dal sacrificio sfiorato di Isacco per mano di Abramo fino al ritratto che Marc Chagall fece del padre, passando per i suoi ricordi personali in cui ci regala fotografie di un’epoca andata in cui ho rivisto i racconti di famiglia. Dall’arte alla religione, il respiro di questo libro è grande, fa anche un po’ male leggere certe pagine e mette davanti sentimenti comuni, che si ripetono dall’inizio del mondo, storie di legami ancestrali, innati, in lotta. Un nodo inestricabile, che può allentarsi ma non sciogliersi. Sapevate che Erri De Luca scrive i suoi libri a mano, su un quaderno a righe? Consigliato!
Storie di padri e storie di figli. Conflitti generazionali, sempre. Le colpe dei padri ricadono sui figli e le cose, che i figli fanno, sono il prodotto delle cose che hanno ricevuto. E' un libro scritto in modo grandioso, che termina con il racconto di Henryk Goldszmit, alias Janusz Korczak, direttore dell'orfanotrofio di Varsavia, che salì sul treno per Treblinka con tutti i bambini e morì con loro. Senza essere il padre di nessuno.
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