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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2012
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Il secondo capitolo della trilogia del male di Roberto Costantini, "Alle origini del male", presenta una scansione cronologica degli avvenimenti con una struttura a incastro rispetto a quanto narrato ne “Tu sei il male” che fa (in parte) luce su alcune pieghe e aspetti oscuri del primo libro - imprescindibile per la lettura del secondo (e sarebbe d’uopo avere buona memoria). Vengono infatti evocati alcuni dei fantasmi che agitano i giorni e le notti del protagonista, il commissario Michele Balistreri di cui qui si narra la turbolenta adolescenza contrassegnata da intensissimi e talvolta laceranti legami familiari, amorosi e amicali in una Tripoli che sta per cadere in mano al colonnello Gheddafi - è evidente la cifra autobiografica, sapendo che Costantini è nato e cresciuto nella capitale libica, magistrali le pagine in cui il ghibli è protagonista - e molto altro in un successivo periodo romano. La trama noir (ma molto noir) è ancora una volta coinvolgente e pressoché ineccepibile con una riconosciuta capacità di controllare con maestria i mille rivoli che sgorgano impetuosi da un tomo di 700 pagine. Il primo volume si faceva invece preferire sia nel tratteggio dei caratteri dei diversi personaggi - Balistreri escluso - più sfumati e approfonditi, sia nel periodare e nelle scelte lessicali, in qualche passaggio ridondanti e altrove un po’ troppo ovvie.
Che romanzo! Costantini è riuscito a scrivere un libro corale, di ampio respiro, che fa un salto di qualità rispetto al pur ottimo "Tu sei il male". Se in quest'ultimo avevo l'impressione che l'autore si rifacesse al Faletti di "Io uccido", in questo il riferimento è più alto, verrebbe da accostarlo al mitico "Shantaram" di Gregory Roberts. Lì è l'India a fare da sfondo alle vicende, qui è la Libia: elementi comuni le contraddizioni della società e le enormi differenze rispetto al modo di pensare dei cosiddetti occidentali (che poi in realtà sveleranno tutte le proprie debolezze). La prima parte del libro descrive con estrema vividezza (ma ahimè anche con crudele realismo) il tessuto sociale, politico ed economico della Libia all'epoca dell'ascesa al potere di Gheddafi. E' un romanzo nel romanzo, che si fa apprezzare soprattutto perché, pur costituendo una lunga preparazione ai fatti narrati nella seconda parte, ha completezza narrativa sia nella storia che nei personaggi. Emerge in particolare la distanza tra la condizione benestante della famiglia italiana dei Balistreri e quella povera e subordinata dei libici al servizio. Ed è anche l'eterno rapporto amore-odio tra padri e figli ("i padri hanno il dovere di occuparsi dei figli e il diritto di sbagliare nel farlo. I figli hanno il diritto di difendersi e il dovere di capirli, prima o poi"). Nella seconda parte, ambientata all'inizio degli anni 80, la narrazione intreccia la vita privata e professionale del commissario Balistreri, e il lettore segue un filo invisibile che lega Roma, Palermo e Tripoli, in un gioco di rimandi che fa trapelare il volto più sporco della politica e lascia pensare all'ombra della malavita. Buona l'idea di inserire l'io-narrante di Claudia Teodori, protagonista e vittima del "sistema", che anziché spezzare il ritmo contribuisce a modularlo fino al suo (tragico) esito. Libro efficace e crudele insieme, che a mio parere consacra Costantini come autore importante.
Secondo Capitolo: Il ritmo di lettura è sempre serrato, il coinvolgimento nella storia è totale. Il Protagonista si svela ulteriormente nel corso del libro ma ci lascia ancora molte cose da sapere che sicuramente saranno descritte nell'ultimo romanzo. Il secondo capitolo conferma senza riserve quanto di buono è presente nel corso del libro e , fortunatamente non aggiunge cose negative, in attesa del prossimo che spero sia anche se sarà difficile, vista la bellezza , ulteriormente migliore dei primi e ci faccia leggere un grandioso finale.
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