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Anno edizione: 2013
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“Sarò sempre contro la guerra, perché non sarei capace di vivere pensando a te in mezzo all’orrore. Ti voglio bene, a presto un bacio, Gino” Questo scrive Gino Strada alla figlia Cecilia nel suo diario di viaggio clandestino iniziato con un assassinio, quello di Ahmad shah Massud, e proseguito nel tentativo di raggiungere e superare il confine afgano nel settembre del 2001 per riaprire l’ospedale di Emergency di Kabul. Ma che in realtà è un tentativo di porre l’attenzione sul superamento della mentalità occidentale. Quella che ritiene la guerra un male necessario, ma dove il prezzo più alto lo pagano i civili. Di questo tratta questo libro, del superamento di un limite mentale, di un confine ideologico che va oltrepassato. Attraverso questo diario Gino Strada lascia ai noi lettori messaggi molto chiari, che non riconducono solo al desiderio di pace ma a molto di più. Pensieri e posizioni espresse consapevolmente perché frutto dell’esperienza in prima persona sul campo. Da questa esperienza spicca una verità molto cruda e cioè che in molti paesi i diritti umani vanno costruiti e non solo declamati. Tutti hanno diritto ad una vita dignitosa, libertà e cure mediche, che non si ottengono con politiche astratte e discorsi filosofici ma con azioni concrete, tradotte in istruzione, assistenza medica e lavoro. Gino Strada ci ha lasciato delle fondamenta sulle quali, lui ha cominciato a costruire la pace, il senso del dovere, di giustizia e questa è un’eredità che tocca a noi continuare. Una lettura ricca, fluida come lo stile dell’autore che fa emergere dalle macerie di una bomba esplosa, l’amore per il prossimo.
Considero questo libro come una testimonianza di Gino Strada dell'inizio guerra in Afghanistan, quella guerra cominciata 21 anni fa e finita con ritiro delle truppe un anno fa Mentre tutti cercavano di lasciare paese 21 anni fa, un gruppo dei medici senza frontiere cercavano di entrare per poter aiutare a popolazione in caso dei bombardamenti
Questo libro ripercorre le settimane immediatamente successive all’attentato di New York del 2001, quando Gino Strada e i suoi collaboratori tentano di raggiungere l’Afghanistan con l’obiettivo di riaprire l’ospedale di Kabul. Una traversata sofferta e pericolosa ma necessaria che ci rende partecipi del dolore e della devastazione di quei luoghi, dove a pagarne le conseguenze sono in gran parte civili, donne e bambini. Ma è anche una grande riflessione sulla guerra in generale dove le motivazioni religiose, gli interessi economici, l’odio che viene alimentato giorno dopo giorno sono talmente radicati che spesso si fa fatica persino a risalire alle motivazioni che hanno originato la guerra di turno, quello che viene comunemente chiamato terrorismo ma che in realtà è solo un nuovo modo di fare la guerra. E’ una testimonianza toccante, concreta e a tratti spiazzante in cui ho trovato tante delle risposte che cercavo.
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