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Anno edizione: 2016
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Questo pezzo di storia francese è uscita allo scoperto solo nel 1995, quando Jacques Chirac ha pubblicamente ammesso le colpe della Francia e chiesto scusa alle migliaia di ebrei francesi deportati al Velodromo d'Inverno. Non ero a conoscenza di questo episodio della Shoah, e ho letto il romanzo solo dopo aver visto il film con Kristin Scott Thomas. Ho notato diverse differenze tra il film e il romanzo: consiglio vivamente di fare esperienza di entrambi, anche se quest'ultimo è decisamente più crudo rispetto alla pellicola, più descrittivo e straziante nel raccontare la barbarie del Vel d'Hiv. Come ho già specificato, non ho studiato questo capitolo della storia francese a scuola, quel che so l'ho appreso da questo romanzo e dalle successive ricerche, e come per la deportazione in massa nel resto d'Europa, anche gli ebrei del 16 luglio meritano di essere ricordati. In ogni caso il romanzo si dipana tra il "presente" (all'epoca della stesura del romanzo, inizio millennio) e il passato, narrato da Sarah, e parte da quel 16 luglio 42, quando dei fin troppo zelanti poliziotti francesi portano via la famiglia Starzynski insieme a migliaia di altri ebrei, per un rastrellamento. Tutti, tranne Michel, che Sarah nasconde nel loro nascondiglio segreto (un armadio a muro) per proteggerlo. Convinta di poter tornare presto, si scontra ben presto con la crudeltà della storia, in un romanzo che mi ha tenuta incollata al libro senza interruzioni. È commovente fino alle lacrime e ti lascia un profondo magone, ma lo consiglio vivamente perché merita di essere letto e quegli uomini, quelle donne e i loro bambini meritano di essere ricordati.
Mi è estremamente difficile scrivere qualche riga su un libro come questo senza correre il rischio di sembrare retorico e soprattutto commuovermi strada facendo. La storia ripercorre la vita e i drammatici avvenimenti che segneranno per sempre il destino di una bimba ebrea di dieci anni che, prima che tutto precipiti nella follia, vive avvolta dall'amore famigliare in un bell'appartamento di Parigi. Una bella famiglia, una bella casa, un fratellino adorato. Poi, in una notte, tutto scompare e si materializza davanti ad occhi innocenti il filo spinato dei campi di sterminio. Poi la fuga. Da qui l'impossibilità di una vita normale. Tutto è basato su una dei tanti aspetti della seconda guerra mondiale di cui si parla poco: la responsabilità del genocidio del popolo ebreo da parte del regime nazista è stata frettolosamente addossata unicamente alla Germania di Hitler. In realtà, dati alla mano e sfogliando qualche libro, emerge una responsabilità diffusa legata all'antipatia generale (dalla Francia appunto fino al civilissimo Canada) verso gli ebrei che in quei tempi non si poteva certo circoscrivere alla sola nazione tedesca. Il libro, che ha il solo difetto di farsi leggere in un fiato, si addentra appunto nell'analizzare questo aspetto poco edificante della nostra recente storia, e lascia (sarà un caso..?) che sia un'americana a scavare nel passato per far emergere la verità su quanto accaduto in quegli anni. La verità sarà una verità schiacciante per tutti i protagonisti della storia, una verità che, anche a distanza di tanti anni, sconvolgerà per sempre le loro vite.
Sara é una bimba ebrea che vive a Parigi durante l'occupazione nazista. Un giorno i poliziotti francesi (non tedeschi!) arrestano lei con i suoi genitori e li conducono al Velodromo d'inverno. Nello stadio in due giorni verrà stipata la comunità ebrea prima di deportarla nei campi di concentramento. Questa parte del romanzo relativa ad una pagina della Shoah vergognosamente poco conosciuta é molto ben scritta, originale e senza concessioni alla retorica. Per questo proprio non capisco come possa coesistere con un banale romanzetto rosa. Decisamente non mi hanno convinta i piani narrativi diversi; beninteso il plot mi piace, ma la realizzazione é dozzinale. Tanto é interessante e struggente la storia di Sara, quanto é irritante l'altra!
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