Il 23 settembre del 2022 l'Italia si sveglia, per la prima volta nella storia repubblicana, con un partito che rivendica espressamente le sue radici di destra che risulta essere il più votato alle elezioni politiche e che porta alla vittoria a coalizione dei tre partiti di destra. Questo significa che l’Italia è diventata un paese di destra o magari lo è sempre stata ? Paolo Macry ripercorre la storia delle fluttuazioni elettorali partendo dalla tragedia della II GM, dalla fine del regime fascista e dal referendum istituzionale che vide prevalere di misura la repubblica. Emerge la descrizione di una "maggioranza silenziosa" , composta principalmente dalla borghesia urbana e da agricoltori, conservatrice e tradizionalista, diffidente verso la politica ed i partiti, avversa alle "elites", permeabile ai messaggi populisti, che aveva attraversato il fascismo con distaccata indifferenza. Da questa maggioranza provengono gli undici milioni di voti per la monarchia ed una finta adesione alla religione ed alla retorica dell'antifascismo e della liberazione. Milioni di elettori che trovano casa, per la gran parte in partiti non espressamente di destra come la DC e poi in Forza Italia, con contributi importanti verso posizioni estreme ed identitarie quali MSI/AN e Lega. I progetti di creare un partito liberale conservatore avulso da nostalgie del passato, falliscono per mancanza di elettorato prima con il PLI e poi con la meteora Fini uscito perdente dal confronto con Berlusconi. L'ondata populista, che l'autore iscrive al campo della destra, porta più recentemente all'effimero successo di Grillo, travolto poi dall'assenza di classe dirigente adeguata. In conclusione la vittoria elettorale della Meloni affonda le sue ragioni in un paese dove vince chi coltiva l'antipolitica, chi si presenta come avversario della casta, chi promette riforme e rivoluzioni che poi non è in grado di mantenere. Ed è sul terreno delle riforme che si giocherà il futuro elettorale della Meloni.
La destra italiana. Da Guglielmo Giannini a Giorgia Meloni
Le elezioni del 2022, per la prima volta nella storia repubblicana, hanno dato a una formazione esplicitamente di destra la maggioranza relativa. Questo significa che l’Italia è diventata un paese di destra o magari lo è sempre stata? E cosa farà Giorgia Meloni di una simile chance? Indulgerà agli umori illiberali della tradizione neofascista? Coltiverà il populismo sovranista? O costruirà un partito conservatore di stampo liberale?
Quella della destra italiana dopo il fascismo è una storia tortuosa. Che, nei decenni del dopoguerra, va dai qualunquisti di Guglielmo Giannini agli orfani della monarchia, dal Movimento sociale italiano ai liberali di Giovanni Malagodi. E che poi, con la seconda Repubblica, approda al populismo liberale di Silvio Berlusconi, alle leghe nordiste, al tentativo di Gianfranco Fini di trasformare l’eredità neofascista in un moderno conservatorismo e, oggi, alla scommessa di Giorgia Meloni. Ma dietro le destre, c’è il paese al quale esse si rivolgono. E cioè una ‘maggioranza silenziosa’ che nel dopoguerra era stata estranea alla religione dell’antifascismo, tradizionalista, talvolta reazionaria, anticomunista e che finiva per votare ‘turandosi il naso’. Un’opinione pubblica che porta fino ai giorni nostri la sua diffidenza nei confronti della politica e dei partiti, l’ostilità verso le élites, la permeabilità ai messaggi populisti. È facile cadere nella tentazione di giudicare questa parte del paese ‘arretrata’, incolta, umorale, senza capirne le ragioni, tanto più che ha sempre espresso un elettorato senza tessere e senza fedeltà ideologiche, dunque pronto a cambiare bandiera. Una mina vagante per la stabilità del paese o una sorta di sua coscienza critica? Un popolo da rieducare o da ascoltare? Giorgia Meloni, che da quel popolo trae non pochi consensi, dovrà fare le sue scelte.
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Anno edizione:2023
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utente_2147 17 febbraio 2024
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