Repetita iuvant, il nostro Cognetti, quando scrive di montagna, scrive divinamente. O meglio, quando Cognetti scrive di, a, da, in, con, su, per, tra, fra la sua montagna ne scaturisce qualcosa di grandemente apprezzabile. Deve essere proprio il classico marchio di fabbrica, che, quando ti avvicini a quella location, per parlarne o per ambientarvici una storia, allora tutto prende forma. Due fratelli, uno emigrato, scavezzacollo fin dalla gioventù, l’altro rinsavito fino a indossare la divisa della Guardia Forestale (che non esiste più, grazie alla sciagurata e demente soppressione del Corpo Forestale dello Stato dal 2017!); uno ritorna dal Canada, dopo anni, per sancire la vendita della baita paterna in favore dell’altro, in procinto di diventare padre. Ma forse sotto sotto ci sono degli interessi economici non indifferenti; forse il ritornare in quella Valsesia di gioventù non è stata una grande idea; forse… Cognetti ci racconta la vita della montagna, i suoi ritmi, le sue angosce, le sue vicissitudini, i suoi amori, le sue idiosincrasie, le sue paure, le sue dipendenze, la sua gente, nativa o acquisita, i suoi segreti. Una Twin Peaks nostrana? A tratti, alcune immagini, alcune scene, alcune atmosfere richiamano alla memoria la fotografia del capolavoro di Lynch. Poi, proprio alla fine, un po’ sfilaccia: cambia registro, cambia proprio stile, restituendoci una visione onirica: forse è giusto così, forse, ma per chi scrive è un ni, avrei preferito altro, per di più che non ho capita la nota finale dell’autore, quasi un altro breve racconto personale, un ricordo di gioventù. Sarebbero state 5 stelle sicure, ma sempre bravo comunque!
Giù nella valle
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In questo romanzo duro e levigato come un sasso, Cognetti scende dai ghiacciai del Rosa per ascoltare gli urti della vita nel fondovalle, lungo la Sesia. La sua voce canta le esistenze fragili, perse dietro la rabbia, l'alcol e una forza misteriosa che le trascina sempre piú giú, travolgendo ogni cosa. Un padre ha piantato due alberi davanti alla sua casa, uno per ogni figlio. Il primo, un larice, è Luigi, duro e fragile, che in trentasette anni non se n'è mai andato dalla valle. Lui e Betta si sono innamorati facendo il bagno nelle pozze del fiume, tra le betulle bianche: ora non succede piú cosí di frequente, ma aspettano una bambina e nell'aria si sente il profumo di un nuovo inizio. Lui ha appena accettato un lavoro da forestale, lei viene dalla città e legge Karen Blixen. L'altro albero è un abete: Alfredo è il figlio minore, ombroso e resistente al gelo, irrequieto e attaccabrighe. Per non fare piú guai ha scelto di scappare lontano, in Canada, tra gli indiani tristi e i pozzi di petrolio. Ma adesso è tornato. Col passo rapido e la lingua tersa dei grandi autori, che a tratti ha il suono crudo di una ballata per chitarra e armonica, Paolo Cognetti ha scritto il suo "Nebraska".
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Anno edizione:2025
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Formato:Tascabile
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Baraclaus 17 novembre 2025Dark Valsesia
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Andrea A 11 settembre 2025Non entusiasmante come il precedente libro
Molto bello le otto montagne, questo in confronto non mi è piaciuto molto! Sempre belle le descrizioni di paesaggi e stati d’animo dei personaggi ma la storia in se molto meno “profonda” e coinvolgente
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Loris 30 marzo 2025
L’inizio rimanda a London e imposta la traccia narrativa che fa da sfondo a questo breve romanzo. Gli esseri umani si specchiano negli animali, cani che si confondono coi lupi, stretti tra impulsi violenti e momenti di innocenza e tenerezza. Il lettore ritrova personaggi conosciuti in ‘La felicità del lupo’, ma pensare ad un prequel è fuorviante. Cognetti non mira a sorprendere, torna a temi ed ambientazioni familiari, sviluppati e descritti con mano felice. I capitoli sono quasi racconti (affidati a diversi punti di vista), una collezione di tracce che vanno a comporre una sorta di album, che è un dichiarato omaggio al ‘Nebraska’ di Springsteen.
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