Bello, questo Goodbye Hotel. Avevo già incontrato Bilbe con L'ultima cosa bella sulla faccia della terra, un esordio che mi aveva colpito proprio per la sua semplicità disarmante e sincera. In quel romanzo c’era una voce limpida, diretta, capace di lasciare il segno con poco. In Goodbye Hotel, la scrittura si fa più ambiziosa, a tratti quasi pretenziosa. La prosa è più articolata, più consapevole, e questo ha i suoi pregi ma anche qualche limite. Il romanzo intreccia le vicende dei protagonisti con grande maestria, costruendo una trama corale in cui si rincorrono solitudine, desiderio di fuga, spiritualità e destino. C’è un’aria rarefatta, quasi mistica, che attraversa tutto il libro — una sensazione di smarrimento condiviso, che rende i personaggi fragili ma autentici. Bilbe è bravo nel tratteggiare anime in bilico, tra sogni interrotti e speranze che resistono. È un libro piacevole, che scorre con eleganza, e che in certi momenti sa davvero toccare corde profonde. Eppure, a lettura finita, resta la sensazione di qualcosa di incompiuto. Non per mancanza, forse, ma per eccesso: come se l’intenzione avesse superato l’emozione. Un buon romanzo, senza dubbio, ma non indimenticabile.
Goodbye Hotel
C’è un posto, a New York, che chiamano Goodbye Hotel, perché è l’ultimo rifugio di chi, per ragioni diverse, si è allontanato dal mondo e nel mondo non vuole (o non può) più tornare. Lì, mentre una nevicata «ipnotica» cade sulla città, François siede davanti al fuoco, stappa una bottiglia di vino da quattro soldi e inizia a scrivere la sua storia. Vuole metterci a parte di un avvenimento capitato venticinque anni prima, ma soprattutto raccontarci quello che sarebbe potuto succedere e – forse – è successo davvero. Ha a disposizione solo «un pezzetto di verità», che certo non basta a colmare tutti i vuoti. La sua voce, carica di un’antica sofferenza, ci trasporta ancora una volta a Harmony, un’anonima cittadina del Sud degli Stati Uniti, dove ogni sera «si confonde con un milione di altre sere» e i giovani sono «destinati a perdersi» ma non smettono di desiderare «l’impossibile». Dove «non c’è differenza fra chi è amato e chi non lo è», perché «tutti si sentono soli, con addosso la maledizione di un vuoto americano che gli cresce dentro». Eppure, come sanno i lettori di «L’ultima cosa bella sulla faccia della terra», Harmony è anche un crocevia dove il destino dà appuntamento alle sue vittime ignare: in questo caso due ragazzi innamorati e un misterioso uomo con un completo di seersucker, che in una notte di fine estate si incontrano sotto lo sguardo benevolo e saggio di Lazarus, una tartaruga dai poteri chiaroveggenti, indimenticabile protagonista del romanzo. Perché nell’universo di Michael Bible il passato può facilmente diventare futuro e viceversa; come in un sogno di David Lynch, a una dimensione della realtà ne corrispondono infinite altre, parallele e comunicanti. Non ci resta quindi che abbandonarci al ruolo di testimoni involontari e accettare che la verità a volte risulti inaccessibile, protetta da un guscio di bugie e inganni simile a quello di una testuggine centenaria.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Caribu 18 giugno 2025Tra spiritualità e solitudine: il viaggio sospeso di Goodbye Hotel
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Francesco 08 giugno 2025perfetto!
Certe storie sembrano impastate appositamente per prenderti a sberle. I personaggi di Bible operano al di fuori delle dinamiche quotidiane a cui ci sottomettiamo. Fluiscono dal tempo e nello spazio si perdono, portandosi appresso un senso di malinconia grandiosa. Una storia impossibile, straziante e meravigliosa, di una brevità disarmante nella quale sembrano condensarsi milioni di secoli d' esistenza.
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Annamb 30 maggio 2025Un piccolo libro inteso e profondo
"l'ultima cosa bella sulla faccia della terra",mi è piacuto molto di più. Tuttavia anche questo libro da modo di fare una serie di riflessioni molto profonde sul senso della vita e della morte, del tempo e dei ricordi. Pur essendo un libro piccolo le storie dei singoli personaggi sono molto dettagliate ed intense. Le tartarughe e gli umani vivono in balia del caos o del destino a seconda di quello che si voglia credere.
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