Con vivo piacere apprendo della riedizione, da parte della Sellerio Editore, del volume “Insegnare al principe di Danimarca“ . Un'ottima idea e quanto mai tempestiva visto il momento storico-sociale che sta vivendo la situazione formativa ed educazionale italiana. Il libro ha un valore letterario notevole, l’autrice è Carla Melazzini che sa cogliere i sentieri più profondi dell’animo umano. Si parla di ragazzini che frequentano una scuola speciale, e di coloro che si prendono cura di loro. È un appello a diventare periferici, a parlare la lingua "sporca" delle emozioni. Con una lucidità che, tra le righe, non cede mai il passo al sentimentalismo. È un invito a rinnovare l'entusiasmo, a sopportare le continue frustrazioni che un mestiere come quello dell'insegnante genera, ad avere coraggio. Senza pensare di essere i salvatori di nessuno: «Sono i ragazzi che si conquistano il loro mondo nuovo, non siamo noi che glielo regaliamo. E devono pagarlo con la loro fatica».
Insegnare al principe di Danimarca
La nuova edizione accresciuta con due capitoli inediti di un libro poetico in grado di narrare la realtà più cruda in pagine limpide che emozionano e commuovono. Storie di ragazzi che frequentano una scuola speciale nei quartieri popolari e popolosi di Napoli, e di chi se ne prende cura.
«Si racconta qui l'apprendistato di un gruppo di insegnanti di media cultura ed umanità per conoscere le periferie della città e le periferie dell'animo degli adolescenti, cercando di stabilire con loro un dialogo educativo e di vita» - Carla Melazzini
Era dal tempo della Lettera a una professoressa che non leggevamo pagine così emozionanti. Come allora, si parla di ragazzi che frequentano una scuola speciale, e di chi se ne prende cura. Non siamo nell'esilio di una canonica del Mugello, qui, ma in quartieri popolari e popolosi di Napoli dov'è in vigore il Sistema; alle cronache piace chiamarli «il triangolo della morte». L'autrice, Carla Melazzini, è, nella scrittura come nella vita, del tutto aliena dalla retorica e dall'indulgenza facile. Così, commozione, intelligenza e poesia stanno in questo libro con la asciutta naturalezza con cui può sbucare un fiore meraviglioso dalla crepa di un muro in rovina. Senza compiacersi dell'idea che la rovina sia necessaria ai fiori, e ne venga riscattata. Ne troverete di fiori in queste pagine, e di ragazzini fiorai, e anche di rovine. Uno lo anticipiamo qui, è un tulipano finto, così come l'ha raccontato - salvo qualche errore di scrittura - una bambina che era stata bocciata in seconda elementare: «C'era una volta un fiore che non voleva essere un fiore, allora la fata dei fiori disse: "Se tu vuoi diventare un essere umano io ti accontenterò ma se non ti piace, ti dovrai rassegnare perché non potrai più essere un fiore". Il fiore accettò e la fata lo toccò con la bacchetta e lo trasformò in un essere umano. Il fiore si rese conto che la vita era difficile. La fata allora lo fece diventare un tulipano finto, per non farlo morire, poi scomparì per sempre». Carla ha chiesto a un compagno di classe: «Secondo te che cosa ha voluto dire Concetta con il suo racconto?». «Che il fiore non voleva morire e così la fata lo ha fatto diventare immortale». «Però l'ha trasformato in un tulipano finto! È meglio essere una persona umana e morire o essere un fiore finto e non morire mai?». «È meglio morire». In questa nuova edizione sono aggiunti, oltre alla Nota di Claudio Giunta, due capitoli dalle carte inedite dell'autrice: uno sul terrorismo visto con gli occhi dei bambini, l'altro sul «ventre di Napoli», con interviste e osservazioni dirette.
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Anno edizione:2023
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Gigino 16 ottobre 2023Melazzini rivela emozioni intense e sentimenti profondi
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NADIA Nugnes 27 novembre 2016
Insegnare al principe di Danimarca è la testimonianza di un'esperienza che vede protagonisti giovani adolescenti e operatori coinvolti nel Progetto Chance, di cui Carla Melazzini, autrice del testo, è stata promotore. Le riflessioni emergono dal contatto con le storie di vita dei molteplici "Amleto" che l'autrice ha incontrato nei suoi 11 anni di esperienza a Chance. Il testo rappresenta l'eredità più vera di un percorso traviato, accidentato, segnato dalle angustie e dalle nefandezze di un territorio caratterizzato da forte degrado ambientale, mancanza di strutture di sostegno alla socialità, carenza di opportunità di formazione professionale e di occasioni di lavoro. Teatro di questa realtà è la periferia orientale di Napoli che include Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio, zone in cui la criminalità organizzata si è imposta e continua ad imporsi come welfare alternativo a quello dello Stato. Il testo intende offrire nuovi e alternativi orizzonti agli adolescenti che vivono immersi in una realtà degradata. Ne consiglio vivamente la lettura, come analisi profonda delle dinamiche psichiche e socio-educative.
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Fare scuola in concreto, con ragazzi concreti, adattando davvero la didattica agli alunni, guardandole come persone, non come vasi da riempire. Grazie a chi ancora lo fa.
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