Benedetta Zucconi (Parma, 1985) ha studiato musicologia a Cremona e a Berna, dove si è addottorata nel 2016. Attualmente è assistente di ricerca presso il dipartimento di Musicologia e Sound Studies della Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität di Bonn. Le sue pubblicazioni riguardano diversi aspetti della cultura musicale novecentesca, tra cui l’opera italiana del dopoguerra e la storia del suono registrato. La riflessione sulla fonografia in Italia a inizio Novecento Quando nel 1877 si trovò per la prima volta il modo – tramite il fonografo – di registrare e riprodurre i fenomeni sonori, molti compresero di trovarsi dinnanzi a un evento epocale. Il nuovo mezzo (ideato negli Stati Uniti da Thomas Edison e, quasi contemporaneamente, da Charles Cros in Francia) poneva interrogativi e soluzioni impensabili prima di allora, tanto da provocare un profondo cambiamento nelle abitudini sociali, nelle forme di fruizione artistica e culturale e nel sistema produttivo dell’arte, e perfino nella percezione di concetti quali lo spazio e il tempo. Tuttavia questi mutamenti non avvennero improvvisamente, con l’irruenza tipica delle rivoluzioni; si trattò piuttosto di un processo che si dispiegò nel tempo in maniera graduale. Le possibilità dell’incisione sonora penetrarono lentamente nelle coscienze della popolazione, dapprima come assunti pressoché teorici, poi – nel corso degli anni – con un’incidenza sempre maggiore sulla vita dei singoli e delle comunità. Lo svolgersi di questo processo culturale e sociale era anche conseguenza di una parallela riflessione sorta in seno alla fonografia, che vedeva come protagonisti esponenti delle élite intellettuali e artistiche dell’epoca. «New media are media we do not yet know how to talk about» è la definizione di nuove medialità offerta Benjamin Peters: e infatti anche la novità della riproduzione sonora poneva i suoi contemporanei di fronte ad un improvviso vuoto terminologico ed epistemologico che inizialmente si provò a colmare con approcci molteplici ed opinioni ondivaghe. Nel corso degli anni si esplorarono natura e applicazioni dell’incisione sonora, prendendo in considerazione il fenomeno sotto prospettive di volta in volta diverse, a seconda dei condizionamenti e delle fascinazioni che ogni specifica temperie culturale sempre porta con sé in un dato momento storico. Di questa tendenza a interrogarsi sulla novità della fonografia, che a tratti assunse le fattezze di un vero e proprio dibattito, è possibile ritrovare traccia in fonti cartacee di diversa natura: prevalentemente nella pubblicistica dell’epoca, ma anche in monografie, manuali, e persino in componimenti poetici. È principalmente attraverso lo studio e l’analisi di questi testi che si può quindi indagare la riflessione coeva sulla fonografia, ovvero attraverso l’inverarsi materiale di un fenomeno che presumibilmente consisteva in una realtà più composita, fatta non solo di pubblicazioni, ma anche di conferenze, dispute, lezioni frontali, delle quali però non sempre ci è data la disponibilità di una testimonianza scritta.