Il deserto dei Tartari

Il romanzo “Il deserto dei Tartari” condusse Buzzati al successo di pubblico e di critica, segnando l’avvento dell’assurdo nell’opera dello scrittore. La storia del tenente Drogo è molto semplice, essenziale, ma proprio in ciò risiede la capacità di attirare il lettore, preso e rapito dalla vicenda di quest’uomo: un presidio militare là dove i nemici non arrivano e probabilmente non arriveranno mai, l’attesa di un qualcosa che dia senso ad un’esistenza fatta di attese. Un vero e proprio inno alla vita, consigliato

Magnifico e portentoso romanzo, la cui narrazione, non estranea, a mio parere, a sfumature kafkiane, è calata in una perfetta dimensione spazio-temporale fantastica e indefinita.
Scrittura semplice e incisiva, per nulla prolissa, decisamente diversa rispetto a quella che si ritrova tra le pagine di “Un amore".
Un messaggio, quello lanciato dall’autore, che forse, alla luce di certi suoi passaggi, non è poi di assoluto pessimismo: se è vero che alla fuga del tempo non ci è possibile resistere, è però anche vero che questo stesso tempo, intanto che fugge, possiamo riempirlo di piccole grandi soddisfazioni quotidiane, senza ostinarci nella frustrante e inutile ricerca di successo e gloria a vario titolo; e, soprattutto, di affetti, amicizia e amore, affinché la nostra esistenza non diventi una landa arida e desolata come quella sconfinata del deserto dei Tartari.

5) Nella fortezza dove è trasferito Giovanni Drogo, protagonista del romando di Buzzati, alleggia una strana malattia: tutti lasciano andare gli anni migliori della propria vita nell’attesa di un singolo evento che possa dargli la possibilità di attestare il proprio coraggio, l’arrivo dei nemici dal deserto del Nord, una distesa infinita che cattura Drogo sin dal primo momento in cui vi posa lo sguardo. Giovanni è conscio del potere che il deserto sembra avere su tutti e ne è spaventato, ma al tempo stesso non potrà fare a meno di caderne egli stesso vittima. Consumerà anche egli la propria vita nell’attesa di un evento che arriverà in un momento fin troppo cruciale e rivoluzionerà il proprio modo di vedere la vita, il tempo, il mondo che lo circonda. I sentimenti predominanti durante la lettura sono solitudine, angoscia e in parte impotenza, ma Buzzati riesce a conferirgli una carica così potente, che conquistano il lettore senza necessariamente abbatterlo, bensì lo mette in guardia e lo spinge a riflettere su un tema importante quale la fuga del tempo.

Protagonista di questo immenso romanzo è il tenente Drogo, che viene mandato a lavorare nella Fortezza Bastiani dove si attende l'arrivo dei Tartari nel deserto a nord di questa. Drogo vive nella costante attesa di quest'invasione che non arriva mai, nonostante i cerimoniali e i turni di guardia vengano rispettati in maniera puntigliosa. Quando ritorna per un breve soggiorno a casa si rende conto di essersi completamente estraniato dalla realtà e non si sente più a suo agio tanto che ritornerà di nuovo alla Fortezza al suo infinito compito di attendere l'invasione. Quest'attesa non è altro che la metafora della vita stessa, in cui si è sempre in attesa di qualcosa di migliore che spesso non arriverà mai oppure arriva troppo tardi, quando non c'è più nulla da fare.

Mi rendo conto che Buzzati non fa per me, in molti hanno apprezzato questo romanzo ma io l'ho trovato ridondante e spaventosamente lento. Ed una sensazione di soffocante malinconia e angoscia mi ha accompagnata per tutta la durata della lettura.
L'autore si propone di narrare - attraverso la metafora della Fortezza e del ruolo di Giovanni Drogo - la transitorietà dell'uomo sulla terra e il suo essere eternamente condannato alla solitudine e l'impotenza di fronte al tempo che scorre inesorabile nell'attesa di un qualcosa che forse non arriverà mai.
Consigliato, ma con riserva.

Il fulcro del romanzo attorno al quale si sviluppa la vicenda è la fuga del tempo. Il lento scorrere della vita in attesa di un singolo istante, un evento capace di dar un senso alla propria esistenza.
La Fortezza Bastiani sorge, infatti, ai limiti di un deserto, dove il tenente Giovanni Drogo prende servizio, in attesa dell'imminente invasione dei Tartari.
Il mondo militare "fantastico" creato dal genio di Buzzati è ricco di allegorie, in cui si ritrovano le inquietudini e le solitudini umane.
Lo stesso autore in un'intervista dichiarò che l'idea del libro venne proprio dal continuo "tran tran quotidiano senza termine".
Un sentimento comune espresso in un romanzo di una bellezza unica che fa di Dino Buzzati il massimo esponente (insieme a Moravia) del filone esistenzialista nella letteratura italiana.

Questo romanzo racconta la storia di un giovane con tutta la vita davanti che si ritrova in una situazione inaspettata che finisce per coinvolgerlo. Il tempo, la riflessione, l'attesa e la speranza sono le vere protagoniste della storia. Troviamo una buona e avvincente descrizione della psicologia del personaggio principale, mentre gli altri finiscono inevitabilmente per stare sullo sfondo, come sotto una lente sfuocata. Il linguaggio è piacevole e rende dinamica la storia. Posso definire il romanzo una riflessione sulla vita.

Un libro sull'attesa del futuro, che ricorda a tutti noi l'importanza del presente.

Il libro è uno dei più affascinanti della nostra letteratura. Il senso di attesa di qualcosa di grande permea tutto il romanzo e gli dà un'atmosfera particolare, si comunica al lettore che si ritrova lui pure ad aspettare. Poi c'è anche il mistero di quell'orizzonte vuoto, la frontiera che potrebbe anche essere quella tra la vita e la morte.
Infatti, alla fine, qualcosa di memorabile succede. All'orizzonte si intravedono i Tartari. Consigliato per una piacevole lettura.

Non c'è altra parola per descrivere questo romanzo.
Ne "Il deserto dei Tartari" si riversa tutta l'inquietudine esistenziale di una vita consumata nell'attesa dell'arrivo di una svolta o di un'occasione, capace di offrire un'alternativa migliore alla propria realtà, divenuta ormai monotona e grigia. Questo libro è speranza che inganna e che non cede mai, speranza che muove e dà un senso al continuo susseguirsi di giorni sempre uguali. Ma è anche tempo, tempo che scorre incessante, tempo che sfugge dalle mani di chi non è in grado di agire. Ennesimo invito, quindi, al 'carpe diem' oraziano, a prendere in mano le redini della propria vita e ad esserne fieri protagonisti. Ritmo piuttosto lento e trama quasi inesistente contribuiscono a creare un'atmosfera di perpetua sospensione che domina anche nei più rari passaggi "magici" della vicenda. Nonostante ciò, il libro, nel complesso, trasmette non tanto angoscia, quanto una vaga serenità.

Diciamo che non si può definire un libro scorrevole. E' ricco di digressioni, descrizioni precise e di riflessioni. Tuttavia lo stile non incalzante vuole forse riflettere le sensazioni del protagonista. Sono quelle di un'attesa lunga e ansiosa, un "Aspettando Godot" in prosa italiana. Benché la trama sia totalmente diversa, il tema dell'assurdo prevale in questo romanzo insolito.
La vita sembra lunga ma in realtà non sapremo mai quando finirà, perciò non è giusto sprecarla in speranze vane e infondate, su desideri per i quali ci sembra di essere obbligati a lottare, su sogni che non sono nostri. Il tempo vola, impreca chiunque cerchi di fermarlo, si dilania se si vuole che scorra troppo in fretta.Non è lui a rincorrere noi, ma siamo noi a doverlo utilizzare bene.
Ogni interpretazione è soggettiva ma consiglio questo libro a chi talvolta non sa aspettare e a chi, forse, aspetta troppo.

Si tratta di un'opera che può essere considerata come la parabola dell'uomo che cerca di dare un senso alla propria esistenza. Romanzo suggestivo e ricco di tensione ambientato quasi del tutto, almeno nella parte fondamentale, in una fortezza. Il protagonista è alla ricerca di qualcosa di grande, di glorioso, che lo possa distinguere e farlo sentire diverso dagli altri. In questo protendersi verso i propri ideali egli vive una tensione grandissima che lo porta verso un'aspirazione che è quasi bramosia, che è fame e sete insieme. Ma egli è anche e semplicemente un uomo, con i suoi limiti, la sua mediocre esistenza, la sua limitata concezione del mondo e degli altri, la sua incapacità di cambiare lo stato delle cose. Il protagonista rincorre un sogno, un miraggio di là da venire, e l'intera sua vita è il sacrificio di un uomo che si accorge di quanto breve sia la propria esistenza. Un'opera a tratti esasperante, certamente da non perdere. Tutti dovrebbero leggerla.

Un romanzo sull'ineluttabilità della vita, sulle aspirazioni che non sempre si realizzano a causa dell'attesa incessante di qualcosa che non avverrà mai. Con l'ambientazione bellica di un forte di frontiera nel quale il giovane Drogo cerca una rapida soddisfazione per la rapida ascesa personale, Buzzati ci porta a vivere la sua disillusione, diventando un'esemplificazione delle attese mai ripagate. Un libro che appare di ritmo lento che in realtà è riflessivo, nello stile giornalistico asciutto ma descrittivo al quale Buzzati ci ha abituati. Un libro di impegno, un libro di riflessione. Un libro da leggere.

In questo romanzo si narra la storia del soldato Giovanni Drogo e della sua permanenza alla fortezza Bastiani che doveva durare solo 4 anni. Le cose però non andranno come si aspetta il giovane e, in attesa di gloria, rimarrà lì tutta la vita. La vicenda viene raccontata in maniera pacata, senza particolari colpi di scena mettendo in evidenza lo scorrere inesorabile della vita, dei sogni che l'uomo non potrà mai realizzare perchè la sua esistenza termina più velocemente di quanto ci si aspetti. La. sua lettera lascia nell'animo una sensazione di tristezza, ma nello stesso tempo aiuta alla riflessione.

Il tenente Drogo è assegnato alla Fortezza Bastiani, al confine settentrionale del Regno. Trascorre tutta la vita nell'attesa che arrivino i temuti tartari. Questo romanzo di Buzzati è una splendida metafora della vita come attesa vana. E' sempre troppo tardi quando ci rendiamo conto di aver sprecato la nostra esistenza aspettando qualcosa o qualcuno che non arriverà. Non manca una riflessione sulla solitudine dell'uomo, provocata dall'impossibilità di comunicare davvero con gli altri.

Un romanzo dal ritmo lento, troppo lento. Dino Buzzati ci racconta la storia di Giovanni Drogo che parte per raggiungere la fortezza Bastiani dove trascorrerà tutta la vita in attesa che qualcosa nel deserto succeda. L'attesa del protagonista diventa l'attesa del lettore. Il romanzo ha un ritmo cadenzato e lento ed è privo di particolari colpi di scena. La monotonia che attanaglia Drogo è percepita perfettamente dal lettore.
Una lettura che non è per tutti.